Nuova ricerca rivela che fluttuazioni ridotte della frequenza cardiaca nelle persone con diabete possono aumentare il rischio di morte per cause cardiovascolari.


Diabete e Alterazioni Circadiane della Frequenza Cardiaca: Rischio di Mortalità Raddoppiato

Introduzione
Il diabete è una malattia cronica che colpisce milioni di persone nel mondo. Un nuovo studio presentato al convegno dell’Associazione europea per lo studio del diabete (EASD) di Madrid ha portato alla luce un preoccupante legame tra le alterazioni circadiane della frequenza cardiaca e l’aumento del rischio di mortalità tra i diabetici. Secondo i risultati, le persone con diabete di tipo 1 e di tipo 2 che presentano fluttuazioni ridotte della frequenza cardiaca giornaliera (FC) hanno il doppio delle probabilità di morire per cause cardiovascolari rispetto a chi mantiene normali variazioni della FC.

Le Fluttuazioni Circadiane e la Salute Cardiovascolare
La frequenza cardiaca circadiana (FC) si riferisce alle variazioni naturali della frequenza cardiaca che si verificano in un ciclo di 24 ore, regolato dal ritmo biologico interno dell’organismo. In condizioni normali, la FC tende a diminuire durante il sonno e a salire al risveglio, raggiungendo il picco nelle ore di massima attività fisica. Tuttavia, per le persone con diabete di lunga data, questo ritmo può essere alterato, influenzando negativamente la capacità del sistema cardiovascolare di rispondere alle necessità del corpo.

Uno dei principali autori dello studio, il dottor Lorenzo Nesti dell’Università di Pisa, ha spiegato che le alterazioni nelle fluttuazioni circadiane della frequenza cardiaca sono collegate a malattie microvascolari e rappresentano un segnale di disfunzione cardiovascolare avanzata. “Le persone con diabete che mostrano una scarsa variabilità della frequenza cardiaca nelle 24 ore sono a maggior rischio di mortalità, soprattutto per cause cardiovascolari”, afferma Nesti.

I Risultati dello Studio
La ricerca ha analizzato i dati di 349 adulti con diabete di tipo 1 e tipo 2, monitorando la loro frequenza cardiaca e la pressione sanguigna per 24 ore attraverso dispositivi ambulatoriali. I partecipanti sono stati seguiti per un periodo di 21 anni, durante il quale sono stati registrati 136 decessi, di cui 100 legati a cause cardiovascolari. I risultati hanno dimostrato che una ridotta variabilità della frequenza cardiaca durante le 24 ore era associata a un rischio doppio di morte per cause cardiovascolari e a un rischio aumentato del 50% di morte per tutte le cause.

Inoltre, un’altra importante scoperta riguarda l’incapacità di ridurre la frequenza cardiaca durante il sonno, fenomeno noto come “calo attenuato della frequenza cardiaca notturna”. Anche questa condizione è stata collegata a un rischio di mortalità significativamente più alto: il 39% in più per cause cardiovascolari e per tutte le cause rispetto a chi presenta un normale calo notturno della frequenza cardiaca.

Il Ruolo delle Complicanze Microvascolari
Le complicanze microvascolari sono strettamente legate a queste alterazioni della frequenza cardiaca. Lo studio ha rilevato che una scarsa variabilità della frequenza cardiaca e un calo attenuato durante la notte sono stati associati a un aumento del rischio di neuropatia autonomica cardiaca, una grave complicanza del diabete che incrementa di cinque volte il rischio di morte per cause cardiovascolari, e nefropatia, un danno renale comune tra i diabetici.

L’importanza di queste scoperte risiede nella loro capacità di identificare i soggetti a maggior rischio di eventi cardiovascolari, offrendo un’opportunità per interventi tempestivi e mirati. Monitorare la frequenza cardiaca nelle 24 ore, secondo i ricercatori, potrebbe rappresentare un metodo poco costoso e facilmente accessibile per valutare il rischio di mortalità nei diabetici.

Monitoraggio e Prevenzione: Il Futuro della Gestione del Rischio
Alla luce di questi risultati, la misurazione delle fluttuazioni circadiane della frequenza cardiaca potrebbe diventare un importante strumento preventivo. Attualmente, il monitoraggio ambulatoriale della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna è una pratica relativamente comune e a basso costo, che potrebbe essere utilizzata per individuare i pazienti a rischio. L’identificazione precoce di pattern cardiaci anomali consentirebbe ai medici di intensificare le strategie di prevenzione e gestione, potenzialmente salvando vite umane.

Il dottor Nesti ha sottolineato come questi risultati aprano la strada a nuove ricerche nel campo della prevenzione cardiovascolare per i diabetici. “Nonostante i nostri risultati siano di natura osservazionale e non possano stabilire una causalità diretta, indicano chiaramente che il monitoraggio della frequenza cardiaca potrebbe essere un indicatore cruciale per prevenire la morte prematura nelle persone con diabete”, ha affermato.

Conclusioni
Il diabete rappresenta già di per sé un fattore di rischio significativo per le malattie cardiovascolari. Le nuove evidenze scientifiche suggeriscono che monitorare e correggere le alterazioni della frequenza cardiaca circadiana potrebbe rappresentare una strategia efficace per ridurre la mortalità tra le persone affette da questa malattia. Il prossimo passo per la comunità medica sarà quello di tradurre questi risultati in pratiche cliniche, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita e l’aspettativa di sopravvivenza dei diabetici.

Fonti
Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD), Università di Pisa

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