Una donna di 25 anni è la prima al mondo a produrre insulina autonomamente grazie a un trapianto di cellule staminali riprogrammate. La scoperta potrebbe rivoluzionare il trattamento del diabete di tipo 1.

Un trapianto rivoluzionario per il diabete di tipo 1

Nel mondo della ricerca medica, le innovazioni legate al diabete di tipo 1 (T1D) sono sempre attese con grande speranza, ma raramente una notizia ha scosso la comunità scientifica come quella relativa al trapianto di cellule staminali riprogrammate in una giovane donna di 25 anni, affetta da T1D. Questa straordinaria scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Cell, segna una pietra miliare nella lotta contro questa malattia autoimmune che colpisce milioni di persone nel mondo.

Il caso di questa paziente, che ha scelto di mantenere l’anonimato per motivi di privacy, rappresenta il primo successo clinico nel quale una persona con T1D è stata in grado di produrre insulina in autonomia grazie a un trapianto di cellule staminali. L’intervento, condotto da un team di ricercatori cinesi guidati dal biologo cellulare Deng Hongkui dell’Università di Pechino, ha portato alla remissione del diabete in meno di tre mesi.

Il processo del trapianto: dal laboratorio al corpo umano

Il trapianto è stato realizzato prelevando cellule della paziente stessa, che sono state riprogrammate in laboratorio per tornare a uno stato pluripotente. Questo significa che le cellule sono state “ringiovanite” e trasformate in cellule capaci di generare qualsiasi tipo di tessuto del corpo. Nel caso specifico, le cellule sono state poi utilizzate per creare isole pancreatiche, ossia gruppi di cellule specializzate nella produzione di insulina.

Dopo una fase di sperimentazione su animali, il team ha proceduto a iniettare circa 1,5 milioni di isole pancreatiche nei muscoli addominali della donna. Questa scelta innovativa di sito di iniezione, anziché il tradizionale posizionamento nel fegato, ha permesso ai ricercatori di monitorare con precisione l’andamento del trapianto tramite risonanza magnetica, e di poter intervenire in caso di complicazioni.

Vivere senza insulina: un sogno che diventa realtà

Solo due mesi e mezzo dopo il trapianto, la donna ha iniziato a produrre insulina sufficiente per non dover più dipendere dalle somministrazioni esterne. I suoi livelli di glucosio nel sangue sono rimasti stabili per oltre un anno, senza picchi o cadute pericolose. “Posso finalmente mangiare zucchero”, ha raccontato la paziente in un’intervista. “È passato più di un anno dal trapianto e sto godendo di cibi che prima potevo solo sognare, come il mio amato hotpot.”

La comunità scientifica è rimasta sbalordita. Il dottor James Shapiro, un noto chirurgo trapiantologo dell’Università di Alberta, in Canada, ha definito i risultati “stupefacenti”. Prima del trapianto, la paziente necessitava di grandi quantità di insulina, ma ora può vivere una vita quasi normale.

Le sfide e il potenziale futuro

Tuttavia, nonostante l’entusiasmo per questo successo, gli esperti sottolineano che il trattamento deve ancora essere testato su un numero più ampio di persone per verificarne l’efficacia a lungo termine. Jay Skyler, endocrinologo dell’Università di Miami, ha affermato che sarà necessario attendere fino a cinque anni prima di poter considerare la donna “curata”. Anche se il corpo non respinge le cellule, esiste ancora il rischio che il sistema immunitario, a causa della natura autoimmune del T1D, attacchi nuovamente le isole pancreatiche.

Il caso della paziente cinese, inoltre, è reso unico dal fatto che era già in trattamento con farmaci immunosoppressori per un precedente trapianto di fegato. Questo ha impedito ai ricercatori di valutare se le cellule riprogrammate abbiano effettivamente ridotto il rischio di rigetto. Tuttavia, Deng e il suo team stanno lavorando per sviluppare cellule che possano eludere la risposta autoimmune, un ulteriore passo verso una cura definitiva per il T1D.

Trapianti con cellule staminali donatrici: una via alternativa

Parallelamente al lavoro svolto in Cina, altri gruppi di ricerca stanno sperimentando soluzioni basate su cellule staminali donatrici. Ad esempio, l’azienda biotecnologica Vertex Pharmaceuticals ha avviato un trial clinico su pazienti con T1D, iniettando isole derivate da cellule staminali embrionali nel fegato. In questi casi, tutti i partecipanti hanno iniziato a produrre insulina, alcuni fino al punto di non aver più bisogno di iniezioni esterne.

Un’altra sperimentazione, condotta sempre da Vertex, prevede l’utilizzo di una capsula protettiva per le isole pancreatiche, volta a schermarle dagli attacchi del sistema immunitario, senza l’uso di farmaci immunosoppressori. I risultati preliminari sono promettenti e potrebbero aprire la strada a nuove terapie per il T1D senza gli effetti collaterali dei farmaci.

Conclusioni: un passo avanti per la scienza medica

Il trapianto di cellule staminali riprogrammate segna un importante progresso nella ricerca di una cura per il diabete di tipo 1. Se i risultati preliminari verranno confermati su un numero maggiore di pazienti, questa terapia potrebbe rappresentare una svolta per milioni di persone affette da questa malattia. La possibilità di coltivare tessuti pancreatici in laboratorio e di trapiantarli senza il rischio di rigetto rappresenta una speranza concreta per il futuro della medicina rigenerativa.

La strada da percorrere è ancora lunga, ma i risultati ottenuti fino a oggi dimostrano che la ricerca scientifica è in grado di superare ostacoli apparentemente insormontabili. Il sogno di una vita libera dalle iniezioni di insulina potrebbe diventare presto una realtà per molte persone.

Riferimento: Nature 26 settembre 2024