Diabete: una parola, milioni di significati, sintomi, terapie, stili di vita e modi di mangiare. Insomma una malattia, anzi no, tante malattie perché la catalogazione della medicina per indicizzare le diverse patologia cerca naturalmente di semplificare ma sappiamo bene come poi la realtà è diversa, tant’è che oggi si fa sempre più strada la personalizzazione delle cure attraverso l’analisi specifica del patrimonio genetico così da portare a una terapia veramente “su misura”. Il diabete pure è interessato a questo versante della silente rivoluzione che sta investendo la scienza e la medicina in specie.
Premesso ciò casca qui l’asino: nella diatriba tra noi pellerossa diabetici tipo 1 e maggioranza tipo 2 sul primato della ricerca e attenzione multimediale e psicologica verso e nella malattia ci sono tanti aspetti affatto marginali da considerare. Nonostante i medici “iettatori” avevano profetizzato una vita breve per noi diabetici 1 alias diabete giovanile, oggi non solo siamo ancora qua a smentire la profezia dei sanitari Maya ma campiamo bene e a lungo dati alla mano. Al contrario sono statisticamente ben maggiori in percentuale i diabetici tipo 2 che hanno una parabola esistenziale accorciata causa la malattia proprio a motivo dell’aggressività della stessa verso i diversi organi bersaglio ad esempio con un rapido esordio delle complicazioni e loro effetto devastante (vedi vista, piedi e reni ad esempio).
Al di là della becera allegoria fatta dal popolino e da molti media sul diabete: tratteggiato spesso e volentieri come un malattia dei ciccioni, mangioni e basta; quando sappiamo bene non essere così la faccenda almeno nella stragrande maggioranza dei casi, e per brevità non entro nei particolari della casistica perché potrei scrivere per giorni finendo di rompervi inutilmente gli zebedei Il punto di fondo è altro.
Il vantaggio nel diabete 1 nel segnalare l’attenzione di qualcosa che non va lo da la sintomaticità di questa forma della malattia: esempio l’alterazione fino alla perdita di conoscenza provocata dall’ipoglicemia (abbassamento pericoloso dei livelli degli zuccheri nel sangue), così come all’inverso dolori addominali, mal di testa, alterazioni pesanti dell’umore, vomito, acidità, nausea possono essere provocati da un repentino e forte innalzamento dei livello della glicemia. Insomma il nostro corpo ci manda dei segnali che non possiamo ignorare, anche perché si sta male, molto male. E come dice Confucio: malato avvisato mezzo salvato.
Nel diabete tipo 2 invece le manifestazioni della malattia non ci sono, è asintomatico, si può convivere con la stessa per molto tempo senza saperlo salvo poi scoprirlo quando si è già alla “frutta”, ovvero la patologia ha già generato danni importanti (infarto, ecc..).
Ecco il lato subdolo e bastardo della malattia, in parte comune ai due tipi e distinto nel 2 dall’asintomaticità.
Ora al di là degli spauracchi veri o presunti sull’epidemia del millennio, la malattia che manderà in crash le casse e finanze degli stati, l’ecosistema ecc., a mio modesto avviso c’è un piccolo punto irrisolto e da affrontare. Quale? Fare prevenzione, a cominciare da un piccolo gesto, veramente semplice, esempio: controllare la glicemia a tutti i clienti abituali e non che entrano in una farmacia, già questo sarebbe un test reale per dimensionare il problema e cominciare ad affrontarlo seriamente.
Mi si dirà che non si può rendere obbligatorio tale passaggio. Vero come lo è che l’epidemia per essere tale va affrontata con gli strumenti idonei e se per le malattie infettive ci sono le vaccinazioni nel diabete abbiamo il controllo della glicemia.