Sul mangiare, l’alimentazione, ciascuno dice la sia e le certezze del momento sono poche, quindi ognuno cerca la sua dimensione: è sempre stato così e lo è pure oggi; l’unica variazione sul tema riguarda la sempre più ampia spensieratezza divagativa sull’argomento cibo. Gli spunti di questi mesi sono sempre più estremi: dal nutririsi d’insetti (scarafaggi compresi), rettili, alle variazioni dietologiche imporobabili come l’apertura di un ristorante antropofago a base voontaria in quel di Berlino. Io resto coi piedi ancorati al cibo tradizionale e in particolare guardo cosa fa bene per il diabete.

Al centro della riflessione odierna metto la cucina vegana, vegetariana e la domanda è: va bene per un diabetico? A quasi cinquant’anni d’età e quarantasette di diabete, più complicanze associate alla patologia, l’apporto di vegetali nella mia dieta è preponderante anche se non esclusivo. Le azioni messe in pratica giornalmente sono, oltre al controllo dei carboidati nei quantitativi fissati con la dieta fornita dal centro di diabetologia, la leggera riduzione di proteine animali per cercare di non caricare troppo i reni interessati da una leggera nefropatia diabetica, anche se tutto è già reso difficile dalla presenza di un’anemia coabitante con l’artrite reumatoide, più osteoporosi.

La dieta è un fatto personale e legato sia all’età del diabetico che alle sue condizioni, fabbisogni; quindi parlare del cibo per me significa dare informazioni nutrizionali per orientarsi sì, ma questo non comporta agire con il fai da te, sarebbe controproducente e dannoso per la salute.

La scommessa da vincere alla fine è mettere assieme il piacere della tavola, dello stare insieme, l’appagamento del gusto e il compenso glicemico; elementi fattibili, raggiugibili con le informazioni, tecnologie e terapie oggi presenti tra noi.