Mentre aspettiamo ansiosi o meno i risultati della ricerca in campo diabetico, come postavo ieri nel blog, il presente si racchiude per quel che mi riguarda nell’immagine a corredo dell’articolo odierno, ovvero il porta pastiglie da vacanza contenente tutto il set di farmaci da me assunti quotidianamente per via orale (gocce e iniezioni escluse) per curare o arginare le diverse patologie rotanti attorno al diabete e non solo: ipertensione arteriosa, artrite reumatoide e altro. Pure l’anno scorso avevo fatto la stessa cosa e facendo il confronto tra le due immagini trovo il quadro pressoché invariato.
E proprio tra me e me facevo una riflessione circa la salute come concetto e cosa pubblica, della comunità, ma anche interesse economico e perché no speculativo oltreché della ricerca scientifica, una considerazione-provocazione la quale voglio condividere pubblicamente in questa fase estremamente difficile per i destini della sanità pubblica in Italia come tutta Europa.
Mentre ritengo assai probabile che si trovi una cura per il diabete 1, non solo per quanto riguarda i progressi fatti nel campo della ricerca, ma anche perché statisticamente parlando la patologia interessa una percentuale marginale di know how tecnologico-farmaceutico, facilmente rimpiazzabile a breve; così non è per altre importanti patologie: cancro, diabete 2 e malattie degenerative geriatriche.
Ritengo che su queste patologie avanzeranno trattamenti terapeutici allo scopo di migliorare lo stato conservativo, allungare un poco le speranze di vita e niente più. Ciò non per gli interessi dei cartelli delle industrie farmaceutiche o simili, ma per una questione al momento squisitamente spazio-temporale. Insomma per farla breve e forse apparirà cinico al riguardo: ma se andassimo veramente a trovare una cura debellativa per tutte queste malattie a diffusione di massa, l’ecosistema così come lo conosciamo andrebbe per finire. Oggi siamo più di sei miliardi di esseri umani in questo pianeta, con un ritmo di crescita sempre più esponenziale combinato di pari passo all’allungamento delle aspettative di vita, di questo ritmo nel giro di 25 massimo 50 anni è possibile giungere ad essere 12 miliardi di abitanti, il che equivale al limite di capienza e sostenibilità della vita sia umana che ecologica della terra, e queste considerazioni sono presenti da tempo nella letteratura scientifica e giornalistica.
La domanda che faccio e probabilmente resterà senza risposta è come fare per garantire accessibilità adeguata alle cure e servizi socio-sanitari in modo universale?