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Chissà quanti di noi si sono lamentati della sanità e della burocrazia italiana. Molti. Tanti. Pure io l’ho fatto mille volte. Tutte quelle volte che dovevo fare i documenti del medico perché mi scadeva il permesso, o le volte che anche se avevo il permesso finiva l’anno e con questo anche la tessera sanitaria. O di quelle volte che dovevo fare i documenti sia a Bologna quand’ero solo domiciliata e sia a Imola dov’ero residente fino a un anno fa. Eccetera eccetera. Però sapete che vi dico? Che chi è italiano e chi per un motivo o altro vive in Italia, ed è seguito dalla sanità italiana, è fortunato. E non è una presa in giro. Lo dico con tutto il cuore. E lo dico adesso che mi trovo in Albania. Che sono dovuta presentarmi per una commissione per il diabete. Una commissione che per avere una data quando dovevo presentarmi mio padre ha dovuto andare per lo meno per 2/3 mesi minimo una volta a settimana. Perché nessuno diceva mai niente. E alla fine hanno detto che dovevo andare oggi, avendo la conferma finale pure questo lunedì. E che succede oggi? Un bel tubo. Nessuno di quelli della commissione si è presentato. Tanto chi se ne frega di tutte le persone malate che venivano li da tutte le province intorno, e alcuni come me anche dall’estero. E visto che lunedì mattina ritorno a Bologna, dovevamo trovare qualcuno che ci diceva qualcosa. Niente. Giri da un ufficio all’altro e nessuno che sapeva niente. O di quelli che alle 11 erano già andati via. Alla fine alle 13 si va via. Con me incazzata perché tutto questo non ne vale la pena, ma soprattutto con i miei genitori sconfitti in un certo senso. Mi spiego meglio così chi non è dentro a questa storia possa capire. Qualcuno per prima cosa si chiederà perché faccio questa commissione se vivo e sono assicurata dalla sanità italiana. Lo faccio per molti motivi. Di base sarebbe che ti danno dei soldi (che se li convertiamo in euro sarebbero 50/60€ al mese), soldi che non servono a comprare neanche la metà delle strisce che servono per misurare la glicemia. Eh si, avete letto bene, qui le strisce li devi comprare se devi controllare la glicemia. Ma se vivi qui in Albania dove la povertà la trovi ovunque, trovare tutti i soldi che servono per le strisce, beh, diventa una cosa impossibile. Io da quando sono in Italia in un certo senso questa cosa è come se l’avessi rimossa dalla mia memoria (come ho cercato di cancellare anche molti altri episodi della mia vita da diabetica qui). Solo che mia sorella è ritornata a vivere in Albania. È tornata alla realtà qui. E li, vuoi non vuoi non puoi fare finta di niente. Non puoi fare finta di niente quando lei ti dice che ha una glicata alta. Non puoi fare finta di niente quando lei ti dice che la situazione del diabete non va bene perché lei è da mesi che non misura la glicemia. Eh si, anche mesi. Così che quando ci lamentiamo che 120 strisce al mese sono poche, beh, pensiamo che siamo fortunati, perché ci sono persone che neanche quelle non hanno. O come non hanno le aghi per farsi l’insulina. E se non vuoi avere delle lipodistrofie, li dovresti comprare per forza. O come se devi fare la glicata e altri controlli per prevenire le complicanze, devi pagare tutto. E quei 50/60€ non ti fanno niente. Che poi, chi lavora (e poco conta che prende solo 300/400€ al mese) non ha il diritto dei soldi della commissione, tanto lavora. Si certo. Se si deve comprare tutto, quei soldi non bastano. E non bastano per vivere. Ma la cosa peggiore di tutto, e quello che poi mi ha spinto a fare davvero la commissione in questi anni, è che, se tu non fai la commissione, non puoi avere il libretto che ti da il diritto di prendere l’insulina (la mia insulina la usa mia sorella visto che molte volte non li basta la sua). Eh si. Non puoi prendere neanche il farmaco salvavita se non fai quel cavolo di commissione. Una commissione che dura mesi per darti una data e i medici ti prendono in giro. E che poi, se  lavori(come mia sorella) non hai diritto alla commissione, e in automatico neanche all’insulina (che poi ti danno un numero fisso di penne, che se hai bisogno di più sono cavoli tuoi). Così che come deve fare mia sorella e tutte quelle persone diabetiche? Così che se io mi presento a quel cavolo di commissione, non l’ho faccio per me. Tanto la mia vita è in Italia. Ma lo faccio per i miei, per mia sorella, per tutti quelli che alla fine non chiedono altro che il diritto di curarsi meglio. Però qui è quasi impossibile. E parliamo dell’Albania che è solo due passi dall’Italia e da altri stati europei. E siamo nel 2016. Lottare per sopravvive (neanche a vivere decentemente) in questo tempo, beh, è quasi ridicolo. Però qui la realtà è questa. E mi scuso con chi, senza volere ha dovuto leggere una storia che in un certo senso non li appartiene. Però in questo momento sentivo il bisogno di parlare di questa realtà. Dove ci ho vissuto i miei primi 11 anni di diabete, e dove continua a vivere mia sorella e molti altri come lei…In questo momento mi sento davvero stanca, delusa e boh, non so dare un nome. Perché non è giusto. Non è giusto che è così. Non si può lottare per sopravvivere…