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07Correva il 30 agosto 2016 e da allora si arriva oggi, data in cui un diabetico di tipo 1, con sentenza diagnosticata a vita in data 2 maggio 1963, ma in verità la decorrenza era di tre mesi prima, nato a Bologna il 4 settembre 1961, arriva alla visita di controllo periodica dopo sei e passa mesi. E allora direte voi cosa c’è di strano? Niente, se non fosse per il fatto d’essere un paziente con complicanze patologiche generate dal diabete e altre comorbilità, nonché detentore di microinfusore d’insulina con sensore per il monitoraggio continuo glicemico.

Oggi non vi raschio pelle e genitali sul decorso di tale evento, l’ho fatto n volte nel corso di questi dieci anni di blog e francamente starla a menare su cosa mi aspetto, cosa mi aspetta e chi aspetta cosa francamente oltre a non stimolare interessa francamente deprime il lettore. Anche perché se ciascuno potesse fare lo stesso credo non salterebbe fuori la parata del carnevale di Rio.

È il d’altronde che fa la differenza: c’era un tempo in cui di farmi vedere da un medico diabetologo non me ne fregava mezza ed ora accade l’incontrario. D’altronde è facile perdersi, lasciar perdere e non ritrovarsi nella massa informe e deforme di diabetici che affollano i centri di riferimento e raccolta. D’altronde come si fa?

E l’erba del vicino è sempre più verde. No.

Nel momento corrente più che mai è fondamentale per un diabetico responsabile nel prendersi cura di sé e dei vari aspetti collegati alla malattia, avere tutte le informazioni utili per gestirlo. Sempre più dobbiamo e dovremo saperci arrangiare. La visita come tale è un visto.

Nel calderone diabetico fatto di tante storie, forme di diabete e reazioni più o meno complesse, la parte più dura e oscillante la fa il tipo 1 e tipo 2 trattato con insulina in multiniettiva.

Le criticità sono e restano l’educazione terapeutica e la concertazione tramite il team di diabetologia (medico, infermiere, dietista e psicologo), poiché tali passaggi esistono e vengono praticati in una minoranza di strutture come ben si sa.

Sono certo di un fatto: le cose non cambieranno, d’altro canto per il diabete l’educazione terapeutica sta come la prevenzione delle cronicità nel campo più vasto della sanità pubblica. Certo l’accertamento è facile operazione, altro paio di maniche porre soluzioni alternative.

Beh azzardo alcune possibili vie: una poco onerosa è nei corsi “fai da te”. Una volta identificati fra i diabetici persone preparate ad affrontare le specifiche materie da trattare esempio: alimentazione, controllo della glicemia e modalità del trattamento terapeutico e ragionare su quale bacino di utenza lavorare, anche perché, va detto, la formazione in tale ambito è su base volontaria, sia dei partecipanti che formatori.

Il diabete comunque non ammette ignoranza.