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Nel presente guardando al futuro vedo che una dato positivo prodotto  dal combinato disposto di terapie + controlli + informazioni e fai da te consapevole ha prodotto un allungamento delle aspettative di vita, della longevità di noi diabetici tipo 1. Una gran bella cosa. 

Ma resta un cono d’ombra, come si vive la vecchiaia con il diabete tipo 1? Si ha una idea d’insieme, di massima?

Indubbiamente fino all’ultimo attimo di vita un diabetico tipo 1 deve farsi insulina a livello intensivo e tutto il resto, certo ci sono i sensori, certo c’è la frequenza di eventi ipoglicemici inavvertiti e di cadute, fratture, ma al di là dell’aspetto fisiologico, organico c’è il lato umano, emotivo e sociale che ignoriamo o ci sfugge e riguarda sì le persone anziane ma anche molti adulti, giovani adulti e si chiama solitudine.

E la solitudine non è compensata dal fenomeno social in rete, non è recuperabile dal narcisismo attuale riprodotto con decine di miliardi di selfie. La solitudine resta come effetto crudo sulla condizione del diabetico, un malato non malato, lasciato nell’anonimato della realtà e magari nello stato di abbandono senza alcuna pietà e dignità.

Un tema ideale per l’élite aristocratica di diabetici, diabetologi  e ricercatori conferenzieri, chissà se ci dedicheranno una conferenza sul tema in futuro?