In fondo al barile tocco l’opposto del vuoto che mi ha preso quando avevo finito di bere l’ultimo goccio di birra. Passata la sbronza con una notte nella stanza di decantazione adiacente al pronto soccorso aiutata da un lavaggio gastrico e qualche altro intruglio di cui non ricordo il nome ora posso finalmente uscire da questa dimensione.
Con alcolici e superalcolici avevo cominciato a prendere molta confidenza dopo che a mio figlio, Enrico, gli avevano trovato il diabete tipo 1 all’età di tre anni. Certo non era il solo ad averlo, certo ero in compagnia di altre mamme e papà, certo ero sola.
E poi c’è chi beveva come me e chi fumava, e chi fumava e beveva, e chi fumava, beveva e si faceva di sostanze tossiche, e c’era chi mangiava e se mangiava. Ma c’era anche chi non aveva problemi, non se ne metteva e anche tanti che se ne fregavano, o per dirla con una frase oggi imperante col COVID-19: se ne lavavano le mani.
Tre anni dopo l’esordio la situazione era talmente diventata nera che le assistenti sociali diedero per un periodo di tempo in affido Enrico ad una casa-famiglia, per sottopormi ad un ciclo di trattamenti riabilitativi, per nostra fortuna il distacco durò un anno, ma guardando le vicende della vita con il senno di poi è stato un bene dato il mie essere sola con Enrico, senza un padre per lui e un marito per me, senza genitori o parenti che potessero essermi di aiuto. E se è vero che gli amici si vedono nel momento in cui hai bisogno, da questa esperienza ricavi la certezza che amici non ne hai.
Oggi che secondo il calendario umano è la Festa della Mamma ed ho Enrico accanto a me, che mi vuole bene e che io amo tutto il resto non conta: a noi due le difficoltà ci fanno un baffo. E mentre ringrazio il destino di essere ancora viva e sentirmi viva, di poter curare mio figlio prima durante e dopo la pandemia, chiudo con una considerazione: questa umanità governata e dominata dall’ipocrisia fa delle storie per indossare una maschera, la vita è proprio una commedia.
In occasione della Festa della Mamma ho voluto condividere la storia di Luisa (nome di fantasia), un percorso di vita difficile della madre di un giovane diabetico. Oggi il protagonista non è il diabetico ma il genitore, il tutor e, a monte, le difficoltà che scivolano a valle magari generando una frana o irrigando i campi, e che ci raccontano storie diverse ma reali, e che per quanti sanno ascoltare hanno tanto da dirci.