Uno studio sui femori di adulti con diabete di lunga durata rivela come i cambiamenti nella matrice ossea e l’accumulo di prodotti di glicazione avanzata (AGE) contribuiscano al rischio di frattura.

Il diabete di tipo 1 (T1D) non si limita a influenzare la regolazione glicemica, ma comporta anche una serie di complicanze a lungo termine, tra cui la fragilità ossea. Sebbene sia noto che la densità minerale ossea (BMD) sia spesso ridotta nei pazienti con T1D, studi recenti suggeriscono che il rischio di frattura, in particolare a livello dell’anca, potrebbe essere influenzato anche da fattori meno evidenti, come i cambiamenti nella composizione del materiale osseo.

Un recente studio, che ha analizzato i femori di adulti anziani con T1D di lunga durata (oltre 50 anni) e li ha confrontati con campioni di soggetti non diabetici abbinati per età e sesso, offre nuove prospettive sulla patogenesi della fragilità scheletrica nei pazienti con T1D.

L’accumulo di AGE e il suo impatto sulla qualità ossea

Il fattore centrale evidenziato dallo studio è l’accumulo di prodotti finali di glicazione avanzata (AGE). Gli AGE, derivanti da reazioni chimiche non enzimatiche tra zuccheri e proteine, si accumulano nel tempo nei tessuti, specialmente in condizioni di iperglicemia cronica come nel T1D. Nel tessuto osseo, gli AGE compromettono la struttura del collagene, una componente fondamentale per la flessibilità e la capacità dell’osso di assorbire energia prima di rompersi.

Lo studio ha riscontrato livelli significativamente più alti di AGE, in particolare pentosidina e carbossimetil-lisina (CML), negli anziani con T1D rispetto ai non diabetici. Questo accumulo contribuisce a una matrice ossea meno resistente e più fragile, aumentando il rischio di fratture.

Le alterazioni nella matrice ossea

Oltre agli AGE, lo studio ha documentato cambiamenti nella composizione della matrice ossea nei pazienti con T1D:

  • Riduzione della cristallinità minerale: Gli anziani con T1D mostravano una cristallinità minerale inferiore del 1,4%, suggerendo una minore organizzazione dei cristalli minerali nell’osso.
  • Alterazioni del collagene e dei glicosaminoglicani (GAG): È stata osservata una maggiore idrossilazione della prolina (+1,9%) e un contenuto ridotto di GAG (-1,3%), entrambi indicatori di una matrice ossea meno stabile e meno elastica.

Questi cambiamenti contribuiscono a una minore tenacità dell’osso, ovvero alla capacità di assorbire energia prima della frattura. Nello studio, questa riduzione è stata quantificata come un calo del 30% nella tenacità post-snervamento.

Un nuovo approccio per spiegare la fragilità scheletrica

Un aspetto particolarmente interessante dello studio è stato l’uso di modelli di regressione multipla per identificare i principali predittori della fragilità ossea. I risultati hanno mostrato che la densità minerale del tessuto corticale, la composizione della matrice (in particolare i legami enzimatici del collagene) e i livelli di GAG erano predittori significativi della tenacità ossea, mentre lo stato diabetico di per sé non lo era più. Ciò suggerisce che le alterazioni indotte dal diabete, piuttosto che la condizione diabetica stessa, siano il vero motore della fragilità scheletrica.

Implicazioni cliniche e future prospettive

Queste scoperte forniscono un quadro più completo della fragilità scheletrica nei pazienti con T1D, indicando che la gestione del rischio di frattura non dovrebbe concentrarsi esclusivamente sulla densità minerale ossea. Interventi mirati a ridurre l’accumulo di AGE e a migliorare la composizione della matrice ossea potrebbero rappresentare un nuovo approccio terapeutico.

Ad esempio, strategie nutrizionali e farmacologiche volte a limitare la formazione di AGE o a favorirne la rimozione potrebbero contribuire a migliorare la qualità ossea. Inoltre, lo sviluppo di trattamenti che stimolino la rigenerazione del collagene e dei GAG potrebbe offrire un ulteriore vantaggio.

Conclusioni

Lo studio mette in evidenza come il diabete di tipo 1, soprattutto in forme di lunga durata, possa influenzare profondamente la qualità ossea, andando oltre la semplice riduzione della densità minerale. L’accumulo di AGE e le alterazioni nella matrice ossea sono fattori chiave che spiegano la maggiore fragilità scheletrica nei pazienti con T1D.

Questi risultati sottolineano la necessità di ulteriori ricerche per sviluppare interventi mirati a migliorare la qualità del tessuto osseo, offrendo nuove speranze per ridurre il rischio di fratture in una popolazione particolarmente vulnerabile.


Per Saperne di Più: Journal of Bone and Mineral Research 20 novembre 2024