Nel cuore dell’inverno, e in questo momento di nome e di fatto, con la fatica di scrivere causa le dita fredde un poco per la temperatura rigida ed un po dovuto alla circolazione periferica, ma solo alle mani, faccio alcune riflessioni non sul tempo che scorre ma di come il diabete reagisce nel mutare del clima. L’inverno, secondo le statistiche sanitarie, comporta un leggero peggioramento dell’emoglobina glicata rispetto all’estate, ma una valutazione costante nei periodo invernale fa si che davanti a temperature rigide si registrano per simpatia con più frequenza situazioni d’ipoglicemia. La cosa l’ho riscontrata, oltre che su me stesso, nei confronti di buona parte di persone con diabete tipo 1 ad esordio della malattia durante l’infanzia e adolescenza. l’ipoglicemia non ha stagione è vero, ma la sua presenza si come dire più presente nelle stagioni estreme: estate e inverno, e mentre nella prima le possibili cause sono più facili da ricercare per via di un maggiore consumo di energia e movimento, nella seconda si possono fare delle ipotesi, del genere il freddo fa consumare con maggiore celerità le riserve di zuccheri nel fegato e quindi di converso porta a fare abbassare il livelli di glucosio nel sangue. Il fenomeno ipoglicemico comunque esso si manifesti è sempre incombente e pertanto va tenuto sotto controllo. Una buona forma di prevenzione, o almeno riduzione del fenomeno, è rappresentata dall’avvio della giornata: cominciare con una buona e ricca colazione porta tenere bene la glicemia durante la giornata e ad arrivare a sera con un atterraggio morbido. Da alcuni anni a questa parte la mia colazione ha un peso di carboidrati pari a quello del pranzo, in particolare lungo la settimana lavorativa, con una media di contenimento dei valori zuccherini presenti nel sangue buona. Un altro sistema per cercare di freddare la glicemia? Può essere ma nella guerra quotidiana con il diabete ogni mezzo è lecito.
[ad#Simple]