Leggo dai giornali e media di varie forme, dimensioni come quest’anno il vaccino antinfluenzale sia snobbato, ignorato dalla stragrande maggioranza della popolazione, e tra questi il 30% dei malati cronici, come ad esempio chi ha il diabete. Il fatto non mi sorprende in verità, è da molto tempo che cresce la tendenza a far meno dei vaccini nelle varie forme e dimensioni, un po’ per calo di fiducia nei riguardi di questo strumento, un po’ per assuefazione e delusione dalle campagne informative sempre più assillanti e allarmistiche, che poi si rivelano spesso e volentieri sproporzionate, rispetto ai reali effetti epidemiologici delle varie infezioni virali e similari.

Io il vaccino, come avevo già scritto, l’ho fatto alcuni giorni addietro e nella mia realtà di paese i vaccinati sono quasi tutti anziani oltre i 65 anni d’età; della serie: ognuno è libero di curarsi e fare quel che gli pare e nullo aggiungo a questo concetto.

Informare per massimi sistemi non è sufficiente, ognuno di noi dovrebbe conoscere la storia propria e famigliare per capire se di fronte a certe condizioni patologiche è il caso o meno di agire e difendersi. Un ulteriore effetto demotivante rispetto al vaccino è stato il sapere dell’effetto cocktail:  l’assemblaggio del medicamento contro l’influenza tradizionale con quello della cosiddetta suina H1N1, e su quest’ultimo c’erano state diverse polemiche relative ai effetti collaterali per la salute umana.

Spero guardando avanti che i prossimi anni le iniziative d’informazione e sensibilizzazione sui temi sociali e sanitari siano realizzati con maggiore attenzione al dialogo tra organizzazioni e persone, così da rendere efficace la tutela, integrità  della salute individuale e comunitaria.