Trovare la pappa pronta  è un’abitudine presente nella stragrande maggioranza delle famiglie e persone. Mettersi a preparare qualcosa per tavola è oramai un fatto minoritario e anche quando succede comunque qualche elemento pronto offerto dall’industria alimentare, da amalgamare già ci sta. La mia non è una critica ma bensì una constatazione, io stesso mi avvalgo di cibi già pronti o di alimenti facili da preparare il più delle volte. I piatti pronti e pretrattati hanno un inconveniente: solo molto grassi e ricchi di additivi, conservanti che a loro volta incidono pesantemente sul metabolismo dei carboidrati.  Argomenti che si ripropongono costantemente poiché tali restano nello scorrere del tempo e degli anni come la polemica sulla nocività degli edulcoranti, dolcificanti artificiali riproposto per la terza volta dal programma Report della giornalista Gabanelli trasmesso due domeniche fa e dedicato all’aspartame. Da diabetico antico ricordo bene come il primo segnale circa la nocività degli edulcoranti avvenne negli anni 70 sul capostipite dei dolcificanti artificiale: la saccarina, il quale venne accusato di procurare il cancro e ritirato dal commercio. L’aspartame è da molto tempo oggetto di attacco da parte dell’Istituto Ramazzini fin dai tempi cui era diretto dal compianto prof. Maltoni, noto oncologo di fama mondiale, leader incontrastato della green economy e sue furono le più importanti ricerche circa gli effetti neoplastici sulla struttura del DNA della formaldeide e lana di vetro, elementi presenti nei manufatti di ogni casa e ufficio.

Oggi i dolcificanti naturali sono:
•    Saccarosio (il comune zucchero da cucina)
•    Fruttosio
•    Glucosio
•    Sorbitolo
•    Xilitolo
•    Glicina
•    Lattosio
•    Stevioside
•    Monellina
E i dolcificanti artificiali sono:
•    Acesulfame K
•    Aspartame
•    Saccarina
•    Sucralosio
•    Maltitolo
•    Isomalto
•    Ciclamato
Già nelle confezioni dei dolcificanti artificiali è presente l’avvertenza di un consumo limitato nell’arco della giornata del prodotto poiché se ingeriti in quantità consistenti: esempio più di venti pastiglie al dì, possono determinare oltre a diarrea, flatulenza. In generale i dolcificanti nell’uomo e in diversi altri mammiferi, stimolano il pancreas a sintetizzare insulina. L’insulina è l’ormone che stimola le cellule corporee ad assorbire glucosio. Di conseguenza la concentrazione di glucosio nel sangue (la glicemia) diminuisce. I dolcificanti artificiali stimolano la produzione di insulina (a causa del gusto del dolce) in persone sane e abbassano quindi la loro glicemia. La conseguente iperinsulinemia stimola l’appetito. In diabetici che li usano normalmente non varia la glicemia, perché o non producono più abbastanza insulina (Diabete mellito di tipo 1) oppure le loro cellule sono diventate insensibili all’insulina (Diabete mellito di tipo 2). Questo effetto di “stimolazione dell’appetito” veniva usato (quando i maiali dovevano ancora essere grassi) per l’allevamento di suini, aggiungendo al cibo un po’ di saccarina. (fonte Wikipedia)
Detto questo io provato con successo a sostituire intrugli artificiali e no con un addolcitore di mia produzione a chilometro e si chiama: succo d’uva, lo uso sia a casa che al lavoro come quando sono in movimento. E per l’uso portatile riempio un boccettino con dosatore di gocce, così il gioco è fatto e l’impatto sulla glicemia = perfetta.
Per completezza riproduco la fase di preparazione del succo d’uva
1.    Prendi dei grappoli d’uva nera matura, diraspali, e lava gli acini per bene sotto l’acqua corrente. In una pentola di acciaio, versa tre dita d’acqua e aggiungi tutti gli acini lavati e scolati. Quindi metti il tutto a cucinare a fuoco moderato. Mescola molto spesso per i primi quindici minuti di cottura, preferibilmente con un cucchiaio di legno, perché gli acini si devono aprire lasciando uscire il succo, senza attaccarsi al fondo della pentola.
2.    Se ti accorgi che il composto si sta seccando troppo e tende ad attaccarsi al fondo, aggiungi un pò di acqua tiepida. Dopo circa mezz’ora, quando l’acino è completamente disfatto e la pentola si è riempita di succo, spegni e vuota il tutto in un colino, sotto il quale avrai messo una terrina molto capiente. Fai colare fino all’ultima goccia dalle bucce nel colino, magari aiutandoti col cucchiaio di legno.
3.    Dopo aver estratto tutto il liquido, riportalo a ebollizione per 2 minuti, dopodichè lo puoi travasare in della bottiglie di vetro, preferibilmente da 17.5 ml. Le bottiglie devono essere sterilizzate, magari passale in forno a 125° per 5 minuti. Riempi le bottiglie, chiudile con dei tappi in metallo, avvolgile in fogli di giornale, e riponile in una pentola con acqua fredda. Porta il tutto a ebollizione per 15 minuti; con questo hai sterilizzato il prodotto che puoi anche conservare.
4.    Lascia raffreddare qualche ora, o meglio il giorno dopo, queste sono pronte per essere riposte; mettile in un luogo asciutto e al riparo dalla luce. Puoi consumare il prodotto nell’arco di un anno, o se preferisci puoi consumarlo subito. Se vuoi un prodotto più amabile, aggiungi 1 cucchiaio di zucchero per litro di succo.
Cosa serve: uva
pentola
bottigliette e tappi
colino