Secondo gli schemi mentali abituali la malattia e fatta di sintomi, diagnosi, cura e guarigione o meno dalla medesima. Nel catalogo delle umane condizioni il diabete, quello di tipo 1 nella fattispecie, non rientra in questo novero poiché è una malattia che accompagna per tutta la vita, cronica, o come si diceva in passato: inguaribile ma trattabile. Una volta chiari questi semplici concetti gli altri aspetti su cui si riversano gli stati d’animo ed emotivi nel diabetico e in coloro che lo accompagnano lungo il percorso di vita (genitori, familiari, amici) sono lasciati alla formazione personale degli individui e al caso. Altre volte su questo blog ho affrontato un punto ricorrente nella mia mente e memoria, un tarlo ormai senza alimento con cui vivo dentro: la solitudine nel diabete; un concetto ampio, universale se volete, ma sia ben chiaro io lo intendo in un modo specifico per quanto mi riguarda, ovvero diventare diabetico da piccino è tutta un’altra faccenda. Oggi dove tutto sembra essere “social” e “community” io voglio sempre ribadire un concetto, e lo farò anche in futuro perché non mi stancherò mai di farlo, che nella solitudine davanti alla malattia del piccolo diabetico resta fondamentale la presenza e ruolo della famiglia tutta intesa: madre e padre, anche se la prima ha un ruolo primario e a volte monopolistico nel quotidiano, poiché un bimbo, ragazzo con una patologia multifattoriale come lo è il diabete ed a evoluzione continua, con variazioni estreme improvvise e imprevedibili, necessita di “una ciambella di salvataggio” non del mare e neanche della confusione. Non potete sapere quanto è importante per un bambino, ragazzo di fronte a una crisi ipoglicemica, al dolore muto e alla sofferenza interiore sapere e vedere la propria madre e padre accanto come un unico tronco d’albero uniti nel dargli amore e sicurezza.
La realtà è ben diversa naturalmente ieri come oggi, ma senza parlare di massimi sistemi io posso affermare come di fronte alla malattia di un figlio e alle sue difficoltà un sodalizio familiare può andare in difficoltà, crisi e anche rompersi, separarsi. E’ stato il mio caso ma anche quello di altri a fare da contrappeso a nuclei familiari dove invece si è mantenuta quella sfera dell’unione che anzi la malattia e le problematiche ad essa collegata hanno contribuito a rafforzare. Sapete una cosa forse a voi apparirà come stupida e banale: a un bambino diabetico serve leggerezza, ovvero qualcuno che lo libera da un carico di per sé pesante quali sono i costanti controlli e punture associate alla malattia, siccome il piccino sa bene che questo non è possibile e realizzabile almeno spera di poter aver accanto una famiglia d’aiuto per alleviarlo dalla privazione della libertà di una vita quotidiana fatta dello scuola, giochi e amicizia, la quale si rappresenta quando viene a contatto con la degenza ospedaliera. Vedete vi rivelo due piccoli particolari della mia infanzia con il diabete che mi hanno lasciato il segno profondamente. Il primo, a forza di ricoveri lunghi e interminabili, mi aveva fatto vedere l’ospedale come la mia seconda casa, tant’é quando i miei genitori erano in crisi, ovvero sempre, avrei preferito in alcuni momenti essere ricoverato oppure stare in collegio piuttosto di stare con loro. Il secondo invece riguarda il secondo trauma dopo l’esordio della malattia e avvenne verso i 10, fino ad allora facevo una sola puntura al giorno poi passai a due ecc. Ebbene è vero che il tempo fa da medicina perché allora pensare di dover far più punture nell’arco della giornata, coi mezzi del tempo le famigerate siringhe di vetro, rappresento per me un colpo pesante ai miei desideri di libertà e autodeterminazione, ma per fortuna tutto passa e si è qua con l’impegno e volontà di andare avanti perché ce la si fa nonostante tutto.
Le faccio i complimenti per il blog che ritengo sia molto utile e interessante.
Grazie per l’impegno e la cordialità.Lucia
Vedi quanto è preziosa la tua esperienza; non sottovalutarlo. Le storie di “vita vissuta” rappresentano fonte di insegnamento o, comunque, di riflessioni per gli altri che si trovano ad affrontare le mdesime situazioni.
L’esordio del db in un bambino è un evento traumatico per l’intera famiglia, il cui equilibrio rischia davvero di essere seriamente compromesso.
Anche la gestione quotidiana può generare spesso occasioni di incomprensioni tra genitori.
L’aiuto esterno è fondamentale; può essere uno psicologo o anche il conforto di amici (o meglio ex estranei che, in un baleno, diventano amici poiché condividono la tua situazione, comprendono il tuo stato di bisogno e sono felici di potere offrire il loro piccolo ma prezioso contributo) o, ancora, permettimi, le parole regalate, con garbo, con semplicità e con competenza, in un blog da chi come te combatte il pericolo della solitudine del diabetico, volendo condividere la propria esperienza ed i propri pensieri.
Scusa se mi sono dilungato ma era il mio modo per dirti grazie.
gerlando