Maggio comincia bene, rose e spine, aghi e piume, latte e caffè, poi a seguire la brioche: non l’ho qui la vado a prelevare dalla vetrinetta del bar e la ingollo assieme al cappuccino. Nel paese dei pontefici oggi si pontifica ieri festa del lavoro e inizio dell’EXPO 2015, molti all’Elba o altrove ma non certo qui per coniugare tre giorni mobili lungo le valli e mari dello stivale o a maialare lontano da qui, in diversi angoli del pianeta, i più con andata e ritorno, senza ritegno o con contegno. Tra un antipasto infinito e un dopo pasto sfinito: flussi e reflussi della storia e del tratto gastroesofageo, ma questa è altra faccenda.
Primi di maggio, altri tempi: si dice così vero? Altri tempi: ovvero 52 anni fa, quando avevo un’altra identità. Ero piccino ciccino nacqui paffutello e improvvisamente mi trasformavo in magrello, con o senza carosello, con o senza mangiatoia, con o senza che ne so.
In tale periodo, iniziale, della mia vita la giornate veniva scandita da una puntura per gradire e tante altre a venire, non le sto neanche a contare, oppure potrei e l’ho già fatto in qualche post fa ma di tediare i pochi lettori non voglio.
Sono 52 anni di battesimo del mio diabete. Si battesimo, ovvero data ufficiale della diagnosi dagli archivi segreti del Policlinico Sant’Orsola di Bologna: novo? No Novonordisk, 52 anni da fedele cliente dell’insulina con tale marchio, ma in verità il diabete era partito molto prima.
Sinceramente non ho mai ricordato, commemorato tale data nel corso degli anni successivi: la cosa ha cominciato a prendere forma da quando il blog è nato. La ragione della scelta di rendere pubblico tale ricordo, oggi che non sono più bambino, ragazzo e quindi non suscito più le carinerie, tenerezze e compatimenti della malattia associata all’età trova spunto da un semplice e secco motivo: siccome scrivono tutti, medici giornalisti scienziati e altri addetti del settore che, con il diabete 1, si campa e camperà poco o meno rispetto alla media ISTAT, EUROSTAT, beh nonostante tutto e tutti quest’anno sono ancora qui a fare un semplice atto di presenza e non di scomparsa.
E continuerò a farlo fino al 2 maggio 2017, dopo tale data lascerò il testimone ad altri come deve essere nella vita e nei diversi suoi passaggi, credo e ne resto convinto.
La mia vita è nata male e non solo per il diabete, ma per tutto il contesto familiare povero, sia in senso materiale che culturale, anche per tale ragione ho scoperto di mio, prima delle innumerevoli ricerche fatte dalle riviste scientifiche come: diabetologia, diabetes care e altri articoli, che un simile contesto rende pesto il decorso e conservazione della malattia, con tutte le conseguenze non solo fisiche ma anche mentali e sociali del soggetto diabetico, nel caso in specie me.
Oggi quindi mentre faccio ancora una volta atto di testimonianza pubblica della malattia voglio concludere lasciando un desiderio, un messaggio nella bottiglia per quanti vengono e verranno dopo con qualsiasi trauma, o altra malattia: si deve sempre avere a mente gli effetti che si lasciano sulle persone e le ricadute sulla comunità con il menefreghismo e sciatteria verso la responsabilità personali e collettive. Purtroppo spesso il diabete e accompagnato da menefreghismo e sciatteria e uno bravo non basta.