Certo sbattersi il lunedì mattina con dei ragionamenti complessi e farlo in particolare ad agosto rende l’umore piuttosto complesso e difficile da gestire e dirigere, ma sapete una cosa? Oggi è oggi punto e basta e potete aver niente da fare oppure un grosso affari per le mani (inteso come lavoro o attività) state pur certi che occorre un poco una spinta per andare avanti. Lo stato d’animo umano più difficile da trattare, in particolare da giovani e adolescenti è l’abitudine e la noia come le prove. E allora magari lo stress, la nostra insita debolezza finiamo per “delegarle”, se così si può dire, alla sigaretta, alcol e a sostanze stupefacenti. Insomma per usare una metafora: permeiamo di debolezza e insicurezza, come il bimbo che non vuole staccarsi dal seno materno, dal ciuccio per affrontare la crescita, l’evoluzione e maturità, responsabilità. Ci piace vincere facile. E sta storia va avanti da un bel po’: ha cominciato a crescere con le nuove generazioni che fecero il 68 ed ha avuto l’epicentro nei favolosi anni 80.
Fatto il pistolotto introduttivo ora entro nel merito dell’apertura della settimana: diabete e dipendenza e mi spiego. C’era una volta ed ora non c’è più il diabetico che faceva l’iniezione d’insulina una volta al giorno la cui siringa era di vetro e per sterilizzarla prima di utilizzarla andava bollita, poi alla fine degli anni 70 la prima rivoluzione per noi diabetici avvenne con l’arrivo delle siringhe di plastica: comode e leggere per bucarci e prendere la dose dell’ormone farmaco. Ma la siringa di plastica per insulina interessava non solo noi diabetici ma anche i tossicodipendenti che facevano uso di eroina per iniettarsela in vena. E capitava di andare in farmacia e qualche volta se non andavi nella stessa il farmacista ti chiedeva a cosa serviva? Della serie sei un buono o un cattivo? Poi l’arrivo delle penne fece ridurre notevolmente la domanda da parte dei diabetici, anche se lo scrivente qualche volta la utilizza ancora poiché a fare le correzioni in caso di iperglicemia lo strumento è e resta più affidabile.
Debbo confessare che nella mia gioventù ho avuto sempre una forma di repulsione per i tossici e alcolizzati. I primi per via del loro autolesionismo distruttivo della personalità andavano incontro alla morte o comunque rischiavano molto, con veri e propri drammi familiari e sociali irrisolti e tutt’oggi presenti, diffusi sempre più e di cui restiamo impotenti, incapaci di affrontarli. Gli alcolizzati: perché lo era mio padre proprio nell’epoca della mia infanzia e adolescenza, e lascio immaginare cosa volesse dire questo per i figli e il segno che ci ha lasciato.
Lungi da me voler essere o fare il bacchettone o morale di qualsiasi tipo: ma una revisione critica del rapporto di comparazione tra tossicodipendente e diabetico. La parte che divide è dovuta alla eziologia della patologia: il primo da una debolezza strutturale della propria personalità, il secondo da una reazione autoimmunitaria errata. Noi diabetici siamo dipendenti dall’insulina per poter sopravvivere, mentre il tossico cerca nel paradiso artificiale un palliativo alla propria incapacità a vivere che crea una dipendenza tale da arrivare ad essere estrema fino a un punto di non ritorno.
I paradossi della vita, ma tossicodipendenza a parte sono tante, tantissime le dipendenze presenti nella nostra quotidianità: pensiamo ai disturbi del comportamento alimentare, come anche la diabete tipo 2 in quella quota parte d’origine alimentare. Insomma la vita è bella e molti non lo sanno o forse amano la bruttezza dell’animo?