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pillole
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Ogni giovedì è la stessa storia senza scoria, polpa mia fresca di raccolto esporto attimi d’essenza in un’ampolla di vetro cristallino lasciata sul comodino, poco comodo a dire il vero, ma di questo non ne faccio mistero. E in quel contenitore ho raccolto le urine delle 24 ore con impegno e sudore. 24 litri d’acqua bevuti per 24 sedute in bagno senza idromassaggio dopo l’articolo pubblicato ieri da Peter dal quale si legge provoca infarto o ictus. E debbo, nel mio caso, confermare la cosa, poiché mia madre ipertesa morì proprio in quella maniera.

Ma chiuso l’episodio storico in modo stoico avevo da chiedere una cosa: quanto conta il porcellino nella vita di noi diabetici? Credo tanto, molto pertanto dovremmo erigere un monumento in suo onore. In primo luogo è stato il fornitore d’insulina fino agli anni 80 quando escogitarono la soluzione ricombinante, poi tra pianti, trapianti, espianti e rimpianti sembra arrivato il momento degli xenotrapianti delle cellule beta produttrici dell’ormone mancante dai porcellini per impiantarle in noi umani.

Inoltre un ruolo sempre più importante nella vita del diabetico medio lo avrà il porcellino di terracotta o plastificato. Credo che noi diabetici abituati da lustri e ere geologiche alla raccolta dei dati della glicemia e altri parametri clinici dovremo andare a farlo anche mettere da parte qualche soldo nel salvadanaio nella prospettiva di approvvigionarci di dispositivi medici e simili sempre più costosi e non sostenibili dalla collettività.

Le terapie di mantenimento sono sempre più costose e ogni nuovo farmaco, sia sotto forma d’iniezione (insulina) che di pastiglia (ipoglicemizzanti) comporta costi al pezzo sempre più in crescita. Oltreoceano addirittura ci sono fasce debole della popolazione che con l’assistenza sanitaria pubblica non riescono a permettersi i farmaci insulina compresa.

A questo punto pongo un dubbio: con tutti i farmaci esistenti nel prontuario e l’ampio ventaglio di possibilità a copertura dei diversi stadi della malattia credo la questione sia altra. Occorre dare non più indiscriminatamente le terapie ma con criterio e capacità di valutazione diagnostica e clinica, so bene come è difficile cambiare abitudine ma non diventa necessità e farlo aiuta pure a star meglio. Un esempio? Gli analgesici e antinfiammatori che vengono dati come fossero noccioline e come ricorda la letteratura medico scientifica di questi ultimi anni, assunti con regolarità per molto tempo esauriscono gli effetti e provocano danni all’apparato cardiovascolare, reni tanto per citare alcuni eclatanti casi.
La cura e le medicine sono un diritto che va preso con scienza e coscienza, ogni terapia ha indicazioni e controindicazioni, il diabete non è esente da questo contesto. Si tratta semplicemente di avere un approccio laico e non fanatico alla problematica, non rincorrere le facile dicerie e le mode del momento per complicare una situazione già di per sé complicata.