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Matteoandrea Lucherelli

Sarò autobiografico, vivo all’estero. Da un anno la Francia è diventata la mia nuova casa, il mio nuovo posto di lavoro. Qui ho conosciuto nuovi amici, qui ho trovato un nuovo medico (e non uno solo, ognuno di noi pazienti diabetici sa bene di quanti specialisti ha bisogno negli anni, il medico di base, il diabetologo, il dietologo, l’oculista e così via).

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Paese che vai, leggi ed abitudini che trovi, e allora hai bisogno di scoprire come funziona la sanità pubblica, dove prendere l’insulina, dove prendere gli aghi e il materiale, dove chiedere e come fare un’analisi del sangue, ma soprattutto, tutto questo va fatto in un’altra lingua!
Sono partito con una buona scorta di materiale, dopo qualche mese sono tornato a casa per fare rifornimento. Poi ho finalmente cosciuto la mia futura diabetologa. Poi ho scoperto che qui gli aghi non li prendi al presidio medico, ma basta la ricetta e vai in qualsiasi farmacia (così come le strisce per la glicemia, e anche i sensori free style libre, una bella comodità). Poi ho scoperto che la novorapid è proprio internazionale, ma la tresiba qui non c’è (che faccio? Continuo a prenderla in Italia? Cambio insulina lenta e trovo di nuovo la giusta quantità?). Oggi invece come lo spiego alla dottoressa che ultimamente ho avuto molte ipoglicemie ma non so il perché? O che altre volte la glicemia aumenta ma non ne capisco il motivo? Vorrei iniziare con il microinfusore, ma prima c’è una formazione di una settimana da fare!

E così ho imparato che, alla fin fine, la parola insulina si assomiglia un po’ ovunque. Ed è così che la tua malattia si apre al mondo, perché ogni paese potrà avere le sue diverse tradizioni ed abitudini, ma l’insulina è internazionale e tutti ne abbiamo bisogno allo stesso modo.
E conoscendo sempre nuove persone scopri che il diabete, un po’ ovunque, è ancora visto come la malattia del nonno, e ancora in tanti si stupiscono quando ti vedono fare l’iniezione prima dei pasti (o quando vedono il microinfusore, che ti fa sempre sentire figo come Iron Man), e ti trovi a a spiegare in tutte le lingue cosa devi fare quotidianamente, quante volte ti controlli, come fai i conti, come ruoti i siti di iniezione.

Ed è così che ho incontrato per caso diabetici provenienti da tutta Europa, che mi sono trovato a parlare di questa malattia in spagnolo, in francese, in inglese (e anche in italiano si, perché alla fine dei conti noi italiani siamo davvero ovunque!). Ed allora scopri che i problemi che hai a casa non sono solo tuoi e che malgrado le differenze culturali e di unità di misura, siamo uniti dalle iper e ipoglicemie, dalle preoccupazioni, dai piatti grassi e anche dagli zuccheri! Ridi calcolando i carboidrati, ridi perché ognuno conosce bene quelli dei piatti tipici del proprio paese, e nelle cene internazionali chiedi le ricette a chiunque per capire cosa ci sia dentro a quella strana zuppa, o guardi l’amico diabetico spagnolo per sapere cosa ne pensa!

Ciò che a volte ci rende un po’ diversi in questo caso unisce, mi ha fatto sentir parte, come siamo tutti, di una grande realtà, uguale in tutto il mondo, legata a quei valori tanto capricciosi quanto importanti.


La redazione de Il Mio Diabete da il benvenuto a Matteoandrea che, con questo articolo, comincia la sua preziosa collaborazione e stimolante testimonianza.