Accelerare le procedure concorsuali, stabilizzare rapidamente i medici assunti durante l’emergenza e prorogare la possibilità di assumere a tempo determinato gli specializzandi dal terzo anno. La richiesta arriva dalla Federazione Cimo-Fesmed, il sindacato che rappresenta oltre 18mila medici dipendenti del SSN, che vede in queste tre proposte una possibile soluzione, seppur temporanea, alla grave carenza di organico che continua ad attanagliare gli ospedali italiani, costringendo il personale a turni di lavoro infiniti. Se è vero, infatti, che la pressione del Covid-19 sugli ospedali sta gradualmente calando, all’orizzonte ci sono il recupero delle liste d’attesa e di due anni di prestazioni sanitarie rimandate. Un lavoro immenso, di cui l’attuale personale sanitario, stremato da due anni di pandemia, non può farsi carico da solo.
“Servono forze nuove, fresche, assunte a tempo indeterminato e non con contratti a termine o di collaborazione – dice il presidente della Federazione Guido Quici -. Chiediamo allora alle aziende di individuare rapidamente gli specialisti, i professionisti e gli operatori sanitari che hanno diritto alla stabilizzazione secondo quanto previsto dall’ultima Legge di Bilancio e di procedere alla loro assunzione, valutando attentamente il reale fabbisogno di personale per ciascuna area di attività e categoria professionale”.
“Occorre inoltre rivedere le modalità di calcolo del fabbisogno di personale adottando reali standard assistenziali, per evitare di lasciare ampio margine a quelle aziende che tendono a privilegiare l’assunzione di figure professionali spesso pletoriche e che di fatto, colmando i tetti di spesa, impediscono l’assunzione dei sanitari addetti alla diretta assistenza del paziente”, aggiunge.
“Chiediamo poi – continua Quici – di accorciare il più possibile le procedure concorsuali: in media oggi passano circa 6 mesi dalla pubblicazione del bando allo svolgimento del concorso stesso; un tempo infinito per chi lavora in ospedale e aspetta con ansia l’arrivo del nuovo collega”.
“Sappiamo tuttavia – prosegue il presidente della Federazione Cimo-Fesmed – che sono molti i concorsi a cui si presentano addirittura meno candidati dei posti disponibili, o perchè non ci sono sufficienti specialisti o perchè, come evidenzia un sondaggio che la Federazione ha lanciato qualche giorno fa, sono molti i camici bianchi che non vogliono lavorare in strutture pubbliche. L’ultimo esempio viene dall’ospedale Cardarelli di Napoli, che è stato costretto ad assumere solo quattro medici sui quindici posti che aveva bandito”.
“Oltre a rendere più attrattivo l’ospedale, obiettivo che ci auguriamo di centrare con il prossimo rinnovo del contratto nazionale di lavoro, e in attesa che l’aumento delle borse di specializzazione produca i suoi effetti incrementando in modo considerevole il numero di specialisti, dobbiamo allora chiedere un ulteriore aiuto agli specializzandi”, sottolinea.
Il 31 dicembre 2022 scade infatti la possibilità, prevista inizialmente dal Dl Calabria e poi estesa al territorio nazionale, di assumere a tempo determinato gli specializzandi dal terzo anno, che possono accedere ai concorsi pubblici ed entrare in graduatoria, ottenendo la possibilità di essere assunti a tempo indeterminato una volta ottenuta la specializzazione.
“Uno strumento senz’altro transitorio e di natura emergenziale – spiega Quici -, ma che ci aiuterebbe a traghettare il Servizio sanitario nazionale attraverso questi anni di sofferenza. Quanto previsto dal Dl Calabria andrebbe quindi prorogato al 31 dicembre 2024, quando inizieranno a vedersi gli effetti dell’aumento delle borse di specializzazione adottato in particolare nel 2020 e nel 2021”.
“Altrimenti – aggiunge – continueremo ad assistere a delibere come quella adottata dal Friuli Venezia Giulia, che apre le porte delle strutture pubbliche, private, accreditate e convenzionate con il Servizio sanitario regionale anche a personale con un titolo di studio non riconosciuto dal Ministero della Salute; o a notizie come quelle che arrivano da Urbino, dove servizi medici all’interno di strutture pubbliche vengono dati in appalto a società private. Senza provvedimenti rapidi e decisi, che mettano al centro i bisogni dei pazienti e le necessità dei professionisti, negli ospedali si rischia il caos”, conclude Quici.