Uno studio brasiliano rivela come l’iperglicemia, tipica del diabete, aumenti il rischio di trombosi e suggerisce strategie innovative per la prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Le malattie cardiovascolari sono tra le principali cause di morte nel mondo, e la situazione non è diversa in Brasile e in molti paesi dell’America Latina, dove infarti e ictus costituiscono un serio problema di salute pubblica. Uno dei fattori di rischio spesso sottovalutati è l’iperglicemia, un sintomo comune del diabete che sembra avere un ruolo significativo nell’aumentare il rischio di trombosi e, di conseguenza, di eventi cardiovascolari letali. A confermare questa associazione è uno studio condotto presso il Center for Research on Redox Processes in Biomedicine (Redoxoma), sostenuto dalla Fundação de Amparo à Pesquisa do Estado de São Paulo (FAPESP).

Iperglicemia e Rischio di Trombosi

L’iperglicemia è una condizione caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue, una situazione comune nei pazienti diabetici. Questa condizione è stata a lungo associata a complicazioni cardiovascolari, ma le ragioni molecolari dietro questo fenomeno non erano completamente comprese. Lo studio condotto da Renato Simões Gaspar e Francisco Laurindo, rispettivamente primo e ultimo autore dell’articolo pubblicato sul Journal of Thrombosis and Haemostasis, rivela nuovi meccanismi molecolari che chiariscono come l’iperglicemia contribuisca alla trombosi.

Gli autori dello studio sottolineano che l’iperglicemia cronica porta alla disfunzione endoteliale, un’alterazione del rivestimento interno dei vasi sanguigni. Questo fenomeno rende più facile il legame delle piastrine alle cellule endoteliali, processo che facilita la formazione di trombi e, di conseguenza, aumenta il rischio di occlusioni arteriose che possono causare infarti o ictus.

Il Ruolo della Proteina Disolfuro Isomerasi (PDI) nella Trombosi

Tra i risultati più interessanti dello studio, emerge il ruolo della proteina disolfuro isomerasi A1 peri/epicellulare (pecPDI) nel regolare l’interazione tra piastrine ed endotelio in condizioni di iperglicemia. La PDI è un enzima solitamente presente nel reticolo endoplasmatico delle cellule, con la funzione di catalizzare l’inserimento di ponti disolfuro nelle proteine. Tuttavia, può anche essere secreta nello spazio extracellulare o ancorata alla superficie delle cellule, dove viene denominata pecPDI.

Nel contesto dell’iperglicemia, pecPDI agisce come un mediatore della trombosi, facilitando il legame tra piastrine e cellule endoteliali e promuovendo così la formazione di trombi. Il gruppo di ricerca brasiliano ha identificato un meccanismo molecolare specifico che lega la presenza di pecPDI in iperglicemia a una maggiore adesione piastrinica, aprendo la strada a potenziali terapie preventive.

Come è Stato Condotto lo Studio

Per comprendere meglio il processo, i ricercatori hanno utilizzato un modello sperimentale basato su cellule endoteliali della vena ombelicale umana. Queste cellule sono state coltivate in ambienti a diversa concentrazione di glucosio per riprodurre sia condizioni normoglicemiche che iperglicemiche. Successivamente, le cellule sono state messe in contatto con piastrine donate da individui sani.

I risultati hanno mostrato che nelle cellule in condizione di iperglicemia, le piastrine aderivano in misura quasi tripla rispetto a quelle in normoglicemia. Inoltre, l’utilizzo di inibitori della PDI ha permesso di ridurre questa adesione, suggerendo che il pecPDI endoteliale giochi un ruolo chiave nel processo trombotico legato all’iperglicemia.

Modifiche Biochimiche e Biofisiche nelle Cellule Iperglicemiche

Un altro aspetto interessante dell’indagine riguarda le modifiche biofisiche e biochimiche osservate nelle cellule endoteliali iperglicemiche. In particolare, si è riscontrato che queste cellule presentano un citoscheletro più rigido e strutturato, caratteristica che facilita ulteriormente l’adesione delle piastrine.

Lo studio ha anche analizzato la produzione di perossido di idrogeno, un composto ossidante che agisce come mediatore della riorganizzazione del citoscheletro. Le cellule iperglicemiche hanno mostrato una produzione doppia di perossido di idrogeno rispetto a quelle normoglicemiche, confermando il ruolo delle specie reattive dell’ossigeno nella facilitazione della trombosi.

Infine, utilizzando tecniche di microscopia a forza atomica, i ricercatori hanno dimostrato che le cellule iperglicemiche possiedono una membrana cellulare più rigida, caratteristica che incrementa ulteriormente l’adesione delle piastrine. Questo aspetto è rilevante perché suggerisce che l’iperglicemia non influisce solo a livello biochimico, ma anche a livello biomeccanico.

Secretoma e Proteine Legate all’Adesione

I ricercatori hanno voluto investigare il cosiddetto “secretoma” delle cellule endoteliali iperglicemiche, ovvero l’insieme delle proteine che queste cellule secernono nello spazio extracellulare. Sono state identificate 947 proteine, tra cui otto particolarmente rilevanti per l’adesione cellulare. Attraverso specifici esperimenti di silenziamento genico, sono emerse due proteine, SLC3A2 e LAMC1, che sembrano avere un ruolo cruciale nell’adesione piastrinica.

SLC3A2 è una proteina di membrana, mentre LAMC1 è una subunità della laminina 1, importante per la matrice extracellulare. La presenza di queste proteine nelle cellule iperglicemiche sembra favorire ulteriormente l’adesione piastrinica, rafforzando il legame tra iperglicemia e trombosi.

Verso Nuove Strategie di Prevenzione delle Malattie Cardiovascolari

Questa ricerca rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione delle interazioni molecolari tra iperglicemia e trombosi. Con una visione mirata, il team di ricerca brasiliano suggerisce che inibire la proteina disolfuro isomerasi potrebbe essere una strada promettente per sviluppare terapie preventive contro le malattie cardiovascolari nei pazienti diabetici.

Il contributo di queste scoperte non si limita a migliorare la gestione del diabete, ma apre anche nuove prospettive nella prevenzione delle complicazioni cardiovascolari in ambito clinico. Un’ulteriore conferma che la ricerca scientifica, soprattutto quando sostenuta da istituzioni come la FAPESP, continua a giocare un ruolo cruciale nella tutela della salute pubblica.

In sintesi, l’importanza di questo studio risiede nella possibilità di individuare nuove strategie per ridurre il rischio di trombosi nei pazienti diabetici.

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