Gli ultimi residui di festa si concludono oggi con l’Epifania , per quanti se lo possono permettere. L’approccio prima di tutto gastronomico e alimentare, fatto di libagioni e quant’altro, come ho già scritto giorni fa, svuota il significato intrinseco di un’occasione per condividere un percorso di vita al cui interno c’è una morale di fondo che non riguarda solo i bimbi ma tutto il genere umano. La vita non è uno slogan fatto per vendere qualcosa, esistere significa conoscere, crescere e condividere assieme agli altri. E la festa deve consacrare la morale appena espressa.

Sarò  snob nell’affermare questo? Può darsi ma poco m’importa, con il diabete uno dei vantaggi nel vivere col piatto davanti sta, per me, nel saper apprezzare e assaporare il cibo. So che gli abbuffa tori e obesi, un po’ come gli alcolisti, a forza di darci dentro perdono la percezione e senso del gusto. La mia educazione alimentare per merito del diabete ha evitato di disperdere il gusto buono per il sapore del cibo.

E mentre filosofeggio sul piatto in cui mangio osservo la mia glicemia oscillare nel sensore, sì ma con giudizio senza essere ragione di supplizio, così da poter godere di quella porzione di minestra che un tempo, non tanto lontano, mi faceva tribolare e non solo. E poi che  la festa continui.