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closingtheloopIl medico un bel dì scomparirà e il bioingegnere ci salverà? Forse, almeno così sembra sempre più dallo scenario emergente dal recente 74esimo congresso scientifico dell’ADA, l’Associazione Diabetologi Americani, tenutosi a San Francisco (USA) la settimana scorsa.

Il mattatore dell’evento è stato il “pancreas bionico” o meglio conosciuto qui da noi come “artificiale”. Il primo lo vidi in azione nel 1979 ed era una scatola grande come un monitor da PC di 19 pollici con tutto un intreccio di tubicini, transistor e alla base una stampante ad aghi, la quale nel momento in cui entrava in funzione faceva un  baccano molto reale. Da allora di cose ne sono cambiate è vero ma ancora non abbiamo un congegno bionico o simile in grado di agire continuativamente addosso o impiantato a noi allo scopo di “liberarci dal calvario quotidiano della gestione del malattia”. Come ho ampiamente riportato nel corso degli ultimi mesi in questo blog in diversi paesi del pianeta (Regno Unito, Italia, Spagna, Francia, Germania, Giappone, Corea, Nepal, Cina, Canada) sono stati collaudati e restano in fase di prova e ulteriore sperimentazione in vivo su noi diabetici prototipi di dispositivi in grado di monitorare costantemente la glicemia e dare l’insulina necessaria in relazione alla prospettata curva glicemica così da stabilizzarla evitando le curve pericolose e le buche di percorso (ipoglicemia e iperglicemia).

L’ultima versione presentata con successo in California è stata sviluppata al Massachusetts General Hospital e Boston University e i risultati sono stati pubblicati online dal New England Journal of Medicine .

Il dispositivo ha migliorato il controllo nell’arco dei cinque giorni di test su 20 adulti e 32 ragazzi, correggendo in modo ottimale i livelli della glicemia

Questo tipo di “pancreas bionico” (esterno) è costituito da tre parti: due pompe delle dimensioni di un cellulare: una per l’insulina e l’altra per il glucagone, un iPhone collegato ad un Holter glicemico. Tre piccoli aghi inseriti nell’area addominale a livello sottocutaneo collegati agli strumenti con cannule.

I pazienti debbono sempre pungersi le dita per testare la glicemia due volte al giorno, al fine di calibrare gli strumenti e assicurarsi che il monitoraggio sia preciso, ma il sistema si occupa di dare insulina o glucagone quando necessario.

Il passaggio successivo con uno studio che inizia oggi su 40 adulti, i quali utilizzeranno il dispositivo per 11 giorni. In autunno i ricercatori sperano di avere una nuova versione in grado di unire tutti e tre i componenti in un unico dispositivo così da poterla provare a cominciare dal prossimo anno.

I prodotti impiegati in questa fase di sperimentazione il sensore della DexCom e il microinfusore Tandem Diabetes Care Inc.

Medtronic, Johnson & Johnson (Animas) e molte altre aziende, tra cui Roche, Menarini e Insulet, stanno anche lavorando alla realizzazione di dispositivi per il pancreas artificiale.

Concludendo: la sfida da vincere è chiudere l’ansa in modo stabile e continuato, ovvero avere un controllo continuo esatto della glicemia e somministrazione dell’insulina, grazie a un algoritmo affidabile e un microcomputer in grado di reggere il calcolo per più mesi, anni. Ed infine liberare il diabetico tipo 1 dalla sindrome “albero di Natale”, ovvero non avere attaccato addosso troppa roba.