Le distanze non sono poi tali a ben toccare le situazioni e stati della vita. Migliaia di chilometri di distanza separano me da voi, sei ore di fuso orario è vero salvo poi toccare con mano come le differenze servono solo a logiche di potere e per il mantenimento del proprio status sociale ed economico. Voglio condividere con i lettori, diabetici italiani, un non più recente ricerca condotta negli Stati Uniti d’America su come percepiscono, vivono il diabete i giovani.
La divisione americana di Sanofi ha svolto una indagine per tentare di capire come vivono la patologia diabetica le nuove generazioni. Differenze di opinioni sui trattamenti diagnostici e terapeutici oggi disponibili sono stati trovati ed evidenziati tra i vari gruppi di età a proposito di diabete.
In particolare, le generazioni a cavallo tra i due millenni, definiti nello slang delle nostre parti dei “Millennials” (di età compresa tra 18-34 anni) hanno mostrato di avere un mix di paura e disagio nella capacità di gestire il diabete, secondo i risultati emersi.
Ma come sempre accade nell’animo umano la contraddizione e il paradosso la fanno da padrone e tuttavia il 72% di loro dichiara di essere ben disposto sulla condizione patologica rispetto al 64% dei non-Millennials (i più vecchi e maturi d’età) i quali hanno espresso di possedere una certa conoscenza del diabete. Un dato importante da mettere in luce sta nel vedere il diabete come una condizione di salute, una malattia non grave: in sintesi il 74% dei giovani la ritiene pericolosa contro l’84% dei più anziani.
Il 43% dei Millennials afferma di aver paura di buco al dito per monitorare i livelli di zucchero nel sangue rispetto al 28% dei rispondenti più anziani. Il 44% dei Millennials pensare che dover far l’insulina è “una rottura”, rispetto al 36% degli intervistati più anziani.
“Con alti livelli di istruzione e di accesso senza precedenti a informazioni, le nuove generazioni hanno i mezzi per saperne di più sul diabete rispetto a qualsiasi altra generazione nella storia,” Elissa Violin, una educatrice del diabete certificata (CDE) e dietista, ha detto: “Il diabete sta diventando sempre più comune, quindi è necessario che mettiamo a disposizione per tutte le persone, compresi i Millennials, le informazioni e gli strumenti necessari per contribuire a ridurre il rischio e aiutare a gestire il diabete, e di comprendere le opzioni di trattamento.”
Al di là delle molteplici considerazioni e riflessioni fatte da Roberto in questo blog circa la difficile fase di accettazione della malattia e, in particolare, delle difficoltà poste dalla gestione dei livelli di zucchero nel sangue durante l’adolescenza e fin verso ai trenta anni, resta un fattore comune e trasversale dal cogliere e affrontare: riguarda l’educazione continua nei riguardi del diabetico come parte integrante della terapia stessa. Ed oggi è ancora più urgente affrontare questo capitolo della malattia sia per noi diabetici che per gli operatori sanitari (medici, infermieri i quali spesso si trovano in difficoltà nei riguardi dei loro assistiti in termini di aggiornamento sulle novità presenti in campo diabetico).
Recuperare il divario lo si fa a partire dall’educazione sanitaria appunto: noi qui negli USA abbiamo una chiara e marcata identificazione professionale e di pianificazione dei processi formativi, cosa che manca alla diabetologia italiana.