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Happy child playing with toy airplane against summer sky background. Travel and vacation concept. Retro toned
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E’… primavera: la stagione che crea, allunga le giornate soleggiate, ci fa sbarcare e reimbarcare il sale, sole, sodio, potassio, glutammato e selciato tra bitume e fieno, erba e silicio. Io mi scompiscio e compiaccio poiché nella buonora della primavera accade che i buoni propositi si fanno avanti e poi restano lì a correre per i fatti loro. Comunque sia comincio a dire che la stagione è una scusa: a parte il variare della posizione terrestre e la durata delle giornate tutto il resto è sempre lì a immagazzinare cose e memorie con o senza storie.

La mia storia sta per mettere un fermo su di un capitolo: farmi promotore di iniziative in solitaria quasi fossi un erede di Don Chisciotte della Mancia. Se non ce ne mettiamo, quando occorre, dello smantellamento della rete assistenziale diabetica italiana perché dovrei mettermene io? Chi sono io? Un numero e siccome oggi vale la logica dei numeri per far contento Odifreddi, noi che ci reggiamo sui numeri facciamo numero e come i chicchi di riso al momento della messa in acqua ci disperdiamo e ricomponiamo a seguire pronti per essere serviti in tavola e pappati.

Nelle settimane scorse ero tormentato dal dilemma: che fare?

Sciolto il tormentone: faccio tutto, faccio niente, faccio presente.

Naturalmente tutto questo ha una ragione di fondo: si è raggiunto il fondo; a parte il fatto che, dopo aver lanciato diverse petizioni in questo blog, dai diritti del lavoratore diabetico, ai microinfusori ecc., poche o nessuna adesione è stata riscontrata, e la cosa conferma ancora una volta l’essere un non essere, nell’essenza. Uso un linguaggio giustamente edulcorato poiché non vale la pensa impiegare toni teatrali quando la recita è finita.

Sia ben chiaro che la rete assistenziale diabetica faccia beep da tutte le parti non è una novità, e mi riferisco al tipo 1 e comunque a tutti colori che fanno insulina, per non parlare poi delle tecnologie avanzate per la terapia della malattia: da noi siamo ancora fermi al commodore (un avanzo di magazzino). Quindi? Quindi continuiamo a lamentarci. Gli scienziati del dipartimento della nutrizione dell’università di Katmandù hanno comunicato gli esiti di un recente studio condotto su di una coorte di Yeti con diabete di tipo 2 e tipo 1. Il gruppo era composto da 20 esemplari, a dieci era stata inflitta una sberla lungo la gobba dorsale, agli altri dieci veniva fatto il solletico sotto la zampa. Il primo gruppo che si lamentava dal male consumava circa 300 calorie al dì rispetto al secondo con sole 100.

L’ironia serve ad affrontare il cinismo sociale e individuale ma attenzione anche questa si arrugginisce tra le attese e il lasciar andare le vicende dove capita, pertanto si raccoglie il seminato: niente.

Purtroppo son fatto male e inerte non so stare: per venire al concreto e come ultimo atto nel tentativo di evitare di restare abbandonati a noi stessi come Il Mio Diabete lancerò domani una petizione per chiedere di sapere dove i diabetici tipo 1 e 2 insulinodipendenti debbono andare per farsi curare la malattia, in particolare come e da chi verranno attuati i protocolli sanitari nella terapia avanzata per il diabete secondo i dettati SID e AMD, EASD, ADA. E facendo anche delle proposte da pazienti. Ma siccome sono abituato a vedere restare i propositi lettera morta, gli eventi non si fermano di certo alla petizione. Una volta terminata la raccolta delle firme queste verranno inviate alla Regione (di mia appartenenza). A fronte di risposte e azioni inadeguate seguiranno interventi “sofistici” per incarnare l’aria ascetica  nei riguardi di una patologia complessa e sistemica per la quale occorre fissare dei punti fermi a partire dalla cabina di regia dell’intero processo. Ohm.