C’è chi va bene, c’è chi va male, c’è chi ma. C’è chi si trova a suo agio, c’è chi si trova male e poi altri stanno loro malgrado. Insomma io, tu noi e il diabete: una parola, una malattia, una roba con tante facce, stati e misure impossibili da sintetizzare in un concetto unico, univoco. D’altronde i progressi fatti dalla diagnostica e terapia rendono sempre più diversificate le situazioni e contesti, così come le pressioni prodotte da gruppi di interesse verso una patologia che cresce in misura esponenziale ogni anno con un giro di denaro a tutto tondo da far acquolina a molti. E tanti penseranno all’industria farmaceutica: sbagliato. Esiste una vera e propria orchestra che impatta sul diabete e dintorni: si comincia dalla filiera sanitaria (i medici) che la tirano e la menano su tesi e antitesi, pro e contro tra conservazione e innovazione. Poi si passa ad altri importanti protagonisti presenti sul palcoscenico della nostra patologia: l’industria alimentare e la filiera distributiva, ma non ancor più importanti sono le agenzie di marketing e chi orienta i consumi di massa determinando comportamenti a tavola e stili di vita propri e impropri. Esempio di recente acquisizione: decine di scienziati, negli Anni 60, furono pagati dall’industria americana dello zucchero per sminuire il collegamento tra consumo di zucchero e problemi cardiaci e spostare così l’attenzione sui grassi saturi. A rivelarlo sono una serie di nuovi documenti scoperti recentemente da un ricercatore della University of California di San Francisco e pubblicati sul magazine Jama Internal Medicine. La verità che emerge è sconvolgente: la lobby dello zucchero avrebbe pilotato per più di cinquant’anni studi sul ruolo dell’alimentazione sui problemi cardiaci.
La vera sfida per noi diabetici e coloro che ci curano (o dovrebbero farlo) sta saper fare retroazione, ovvero avere la capacità come sistema di autoregolarsi, tenendo conto degli effetti scaturiti dalla modificazione delle caratteristiche del sistema stesso. Nel sistema sanitario e nei centri di riferimento per la cura del diabete è necessario adottare sistemi a riscontro negativo e positivo per regolare l’equilibrio del governo clinico e l’ottimizzazione dei servizi erogati.
La comunicazione: mettere in comune le informazioni utili e necessarie per il buon andamento della patologia nella vita di tutti i giorni, rendere partecipe il diabetico sono processi basilari e che vanno riscontrati periodicamente.
Per farlo occorrono soggetti in grado di rilevare e raccogliere dati autonomamente senza condizionamenti da pressioni corporative e professionali o da “sponsor” di varia natura. Una valutazione sulla qualità delle prestazioni erogati in base ai protocolli e pratiche sanitarie è quanto mai urgente.
Non possiamo più permetterci di disegnare bei titoli per conferenze e simposi di studio e poi a stringere si finisce per lasciare in buona parte del paese le strutture di riferimento per il diabete in stato di degrado e abbandono, i pazienti che nella migliore delle ipotesi se la cavano col fai da te e il tam tam informativo. Altroché educazione e diabete, conta dei carboidrati e gestione integrata della terapia, lavoro in team.