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Il mio diabete è sempre andato per i fatti suoi come una farfalla sbocciata tra i fiori e cespugli di rovo, per poi farsi zanzara e beccarmi in lungo e in largo per il corpo. Mai nessuno mai per molti lustri è riuscito a mettere in asse compensare lo zucchero nel sangue. Nessun medico. D’accordo a me la malattia è venuta fuori all’inizio degli anni sessanta quando l’unico controllo disponibile era la glicemia fatta a digiuno e l’HbA1c un roba ancora lungi a venire. Altroché calcolo dei carboidrati, educazione terapeutica, insulina umana basale e via dicendo.

Poi si aggiunge il carico combinato e disposto che contraddistingue il diabete tipo 1 a esordio in epoca infantile, contraddistinto nel mio caso da continui episodi di ipoglicemia, iperglicemia, chetoacidosi, convulsioni, coma e molto altro ancora. All’epoca l’ospedalizzazione restava l’unica via praticabile.

Restava con tutta questa tiritera una cosa semplicemente conseguente: la perdita completa di fiducia verso i medici, sì perché dal 1963 sino al 1981 nessuno che si sia mai ingegnato a trovare uno schema di gestione terapeutica con insulina in grado di mettere a regime la glicemia. E diventando adulto anche senza episodi estremi con il diabete nello sfondo la media era senz’altro alta con effetti che poi si sarebbero andati a pagare con gli interessi anni dopo (complicanze e comorbilità).

Oggi per fortuna i diabetologi usano a mani basse l’effetto formula e tra algoritmi e logaritmi equazioni e altre alchimie geotermica hanno qualche chance in più di riuscita, aggiungo: e per fortuna i casi disperati sono meno disparati.

Ma per sapere come va il mondo è sempre meglio arrangiarsi, almeno in alcuni casi e tra questi il mio.

E quando credi di non riuscire più a trovare l’equilibrio glicemico dopo più di 40 anni con il diabete tipo 1 ecco arrivare l’inaspettata svolta costituita dal microinfusore d’insulina con monitoraggio continuo della glicemia.

In verità la scelta di passare dalle iniezioni multiple alla pompa avvenne otto anni fa non tanto per raggiungere il compenso glicemico, bensì in quanto non avvertendo più l’ipoglicemia necessitavo di una soluzione e questa era rappresentata dal microinfusore Veo della Medtronic: il primo che segnalava l’ipoglicemia con un algoritmo predittivo e arrestava contestualmente l’infusione d’insulina.

Ma nonostante questa innovazione nella gestione della terapia ancora si presentavano momento di iperglicemia con valori superiori a 350/450 mg/dl.

La svolta arriva con il Medtronic 640G e il sistema Smart Guard, l’ultimo progresso nel campo dell’infusione d’insulina, che mi consente di ottenere una HbA1c di 6.5 con poche ipoglicemie ed eventi d’iperglicemia.

Ma arrivare a questo traguardo non è stato facile ed ogni diabetico ha una strada tutta sua da fare.