Il tragico fatto di Salerno per il quale è morto un ragazzo di 13 anni, le indagini interne della USL e della magistratura stanno facendo il loro percorso per appurare, tra le altre cose, se il giovane avesse un diabete non diagnosticato e nella fase di intervento da parte dei medici nel pronto soccorso ospedaliero fossero state effettuate tutte le procedure che ne potevano impedire il decesso. Quanto è successo pone degli interrogativi molto pesanti e delle proposte pratiche per tentare di arginare fenomeni di tale portata.
Perché occorre andare oltre l’ondata emotiva e le dichiarazioni catapultate in rete e media, che spesso e volentieri finiscono nel dimenticatoio.
La prima proposta si chiama in codice “Watch Tower”, torre di guardia e prendendo in prestito il nome del giornale dei Testimoni di Geova (organizzazione religiosa molto pervasiva e penetrante), suggerisco all’AGD (Associazione Genitori di Diabetici) e ai gruppi social di diabetici più affollati in Facebook, di fare presenza di sensibilizzazione nei pronto soccorso ospedalieri almeno una volta la settimana, con un roll-up riportante lo slogan del movimento We Love Insulina: il diabete è una diagnosi facile, basta averla in mente – hai controllato la glicemia?
Nei giorni scorsi ho pubblicato qui nel blog un articolo che riportava come negli ambulatori e casa per la salute manchi il “Glucagone” farmaco necessario per soccorrere il diabetico che perde conoscenza causa abbassamento grave degli zuccheri nel sangue (ipoglicemia). Sensibilizzare le istituzioni a tale proposito credo sia doveroso, necessario e non più rinviabile.
Le cause di decesso per errori sanitari negli USA sono al terzo posto dopo problemi cardiaci e cancro: occorre ridurre il fenomeno e per farlo serve non solo una maggiore consapevolezza del problema ma anche azioni adeguate di supporto per la medicina d’urgenza, oggi sempre più sotto pressione.
Concludo con una considerazione da diabetico che segue queste vicende da parecchio tempo: ciascuno di noi pensa ai casi suoi ma voglio ricordare come a fronte di una massa numerosa di diabetici “in salute”, prestanti, fighe e senza problemi c’è una “minoranza” che così non è: con sempre maggiore frequenza in cronaca leggiamo di morti di diabetici giovani per ipoglicemia (che magari nasconde un ipotetico suicidio). Una trentenne a Padova e Pesaro qualche tempo fa, recentemente un tunisino di vent’anni. Un ragazzo di quindici anni a Genova un paio di anni fa, tutti casi finiti non solo finiti nella fossa ma pressoché ignorati.
Prendiamo coscienza non solo di questi fatti ma assumiamo azioni tese a scongiurarle laddove si può.