Venerdì scorso sono stato invitato a partecipare al convegno organizzato dall’Università degli Studi di Bologna – Facoltà di Medicina dal titolo: Diabete e ipoglicemia. il costo sociale ed economico dell’assistenza.
Praticamente e in estrema sintesi l’evento scientifico ha affrontato l’ipoglicemia diabetica sotto ogni profilo come lavoro di analisi e studio diretto dal prof. Giulio Marchesini Reggiani su tutti gli aspetti clinici e sociali afferenti questo lato importante della patologia diabetica.
Tra gli argomenti affrontati dai relatori desidero sottolineare il trattamento dell’ipoglicemia all’interno del Dipartimento di Emergenza – Urgenza come nei ricoveri ospedalieri. Ancora l’impatto economico dell’ipoglicemia e i risvolti medico legali. Il ruolo del monitoraggio glicemico e dell’educazione medica nella prevenzione dell’ipoglicemia.
L’ipoglicemia è una manifestazione patologica che può avere effetti gravi e letali, un dato non conosciuto ai più riporta come nel 10% dei casi questo evento porti a provocare la morte nel soggetto colpito, e le differenze oscillanti tra tipo 1 e 2 sono minime in ordine di percentuale. Altro dato che ho appreso dalla partecipazione al convegno riguarda i tempi di “smaltimento” dell’ipoglicemia: mentre chi è trattato con insulina ha tempi di ripresa più rapidi, solitamente nell’arco di una giornata, i terapizzati con ipoglicemizzanti orali per via di una scarsa e deficitaria omeostasi dell’ organismo e dei reni, oltre a un accumulo interno più lungo delle molecole attive del farmaco stesso ed essendo prevalentemente una popolazione anziana, arrivano a impiegare almeno una settimana per superare l’ipoglicemia, con necessario ricovero ospedaliero, a differenza del tipo 1 dove o viene dimesso subito dal pronto soccorso o al massimo resta una notte in osservazione breve intensiva.
Aver avuto l’opportunità e onore di essere stato invitato a partecipare all’evento è stato un momento importante per capire come la nostra malattia si evolve e noi possiamo, dobbiamo gestirla. Lo studio ha fatto una fotografa e rilasciato i numeri della “zona grigia” nel trattamento del diabete, un fenomeno che non viene computato e rilevato nella casistica analizzata dai dati ministeriali, regionali, e che si basano esclusivamente sulle schede di dimissione ospedaliera o sui dati ambulatoriali. Casi di ipoglicemia che accedono al pronto soccorso e qui vengono trattati senza necessità di ricovero e non rientrano perciò nelle statistiche ufficiali: una grave lacuna da colmare.
L’ipoglicemia è una condizione di forte impatto clinico ed emotivo nella vita delle persone con diabete, ma anche di forte impatto organizzativo ed economico per il Servizio sanitario nazionale. Basta pensare, come riportato dai dati nella Regione Emilia-Romagna è emerso che il costo, per difetto, di un giorno d’ipoglicemia si attesta sui 1710 euro a persona e la popolazione diabetica emiliana è per il 95% di tipo 2 e solo il 5% tipo 1, per snocciolare qualche cifra.
Ma al di là della ubicazione geografica quando si parla di diabete e annessi, connessi, sappiamo gioco forza che si tratta di una popolazione in prevalenza costituita da malati fragili, cioè anziani con un’età superiore ai 65 anni, affetti da comorbilità che si sommano al diabete, con la conseguenza di un quadro clinico particolarmente complesso. Sono quindi pazienti particolarmente impegnativi per il Servizio sanitario nazionale, sia dal punto di vista clinico che economico e a cui va riservata un’attenzione specifica e sempre più mirata da parte dell’organizzazione sanitaria.
Ma c’è anche un lato positivo e che emerge proprio dal diabete tipo 1: grazie all’impiego delle nuove insuline basali (Lantus e Determir), come dalla ancor più nuova Tresiba, si conta un abbattimento tra il 20 e 30% delle ipoglicemie registrate, e infine grazie al sistema integrato microinfusore d’insulina con sensore glicemico tale fenomeno è stato abbattuto per l’80% dei casi e con particolare riferimento per le situazione di mancata cognizione e riconoscimento dell’ipo da parte dei diabetici tipo 1che, a seguito di tanti anni di vita e crisi analoghe, hanno perso o ridotto la sensibilità neurologica predittiva del suo arrivo. oltre al dato tecnologico-terapeutico ricordato dal relatore dal dott. Paolo di Bartolo, c’è un altrettanto importante ruolo umano e relazionale giocato dall’educazione del paziente che porta a ridurre uleriormente le ipoglicemie.
Beh concludendo il resoconto posso solo sperare che un incontro simile venga replicato nel corso del tempo in quanto utile alla comunità scientifica, a noi diabetici.