L’emoglobina glicata (emoglobina A1c, HbA1c, A1C, o Hb1c; a volte anche HbA1c) è una forma di emoglobina usata principalmente per identificare la concentrazione plasmatica media del glucosio per un lungo periodo di tempo ( due, tre mesi max). Viene prodotta in una reazione non-enzimatica a seguito dell’esposizione dell’emoglobina normale al glucosio plasmatico. La glicazione alta dell’emoglobina è stata associata con le malattie cardiovascolari, le nefropatie e la retinopatia del diabete mellito. Il monitoraggio dell’HbA1c nei pazienti con diabete di tipo 1 può migliorare il trattamento. A tale proposito è necessario ricordare due cose molto importanti: per capire veramente bene l’andamento bimestrale, trimestrale del diabete occorre affiancare il dato della HbA1c con i dati scaricati, conservati della glicemia effettuata dal paziente stesso mediante autocontrollo domestico, poiché il dato della glicata non spiega o evidenzia la presenza di picchi glicemici (ipoglicemia/iperglicemia) che sono eventi pericolosi per il diabete in particolare per salute cardiovascolare del soggetto. La lettura intrecciata di tali dati è di vitale importanza sia per l’assistito che per il diabetologo.
L’emoglobina A1c fu separata dalle altre forme di emoglobina da Huisman e Meyering nel 1958 mediante una colonna cromatografica. Venne caratterizzata per la prima volta come glicoproteina da Bookchin e Gallop nel 1968. Il suo aumento nel diabete fu descritto per la prima volta nel 1969 da Samuel Rahbar e collaboratori. La reazione che porta alla sua formazione fu caratterizzata da Bunn e i suoi collaboratori nel 1975.[5] L’uso dell’emoglobina A1c per il monitoraggio del grado di controllo del metabolismo glucidico in pazienti diabetici fu proposto nel 1976 da Anthony Cerami, Ronald Koenig e collaboratori.
Nell’agosto del 2008 l’American Diabetes Association (ADA), la European Association for the Study of Diabetes (EASD) e l’International Diabetes Federation (IDF) hanno stabilito che, in futuro, l’HbA1c dovrà essere refertata con le unità dell’IFCC (International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine).[12] La refertazione in unità IFCC è stata introdotta in Europa, fatta eccezione per il Regno Unito, nel 2003[13]; nel Regno Unito, il 1º giugno del 2009 è stata introdotta la doppia refertazione[14], che rimarrà in vigore fino al 1º giugno 2011.[15]
La conversione tra le due unità di misura può esser calcolata mediante la seguente formula:[16] IFCC-HbA1c (mmol/mol) = [DCCT-HbA1c (%) – 2.15] × 10.929
DCCT- HbA1c | IFCC-HbA1c |
(%) | (mmol/mol) |
4.0 | 20 |
5.0 | 31 |
6.0 | 42 |
6.5 | 48 |
7.0 | 53 |
7.5 | 59 |
8.0 | 64 |
9.0 | 75 |
10.0 | 86 |
A partire dalla comparazione dei valori di emoglobina glicata coi valori medi di glucosio plasmatico nell’uomo, è stato possibile costruire la seguente tabella:
HbA1c (%) | Glicemia media (mmol/L) | Glicemia media (mg/dL) |
5 | 4.5 | 90 |
6 | 6.7 | 120 |
7 | 8.3 | 150 |
8 | 10.0 | 180 |
9 | 11.6 | 210 |
10 | 13.3 | 240 |
11 | 15.0 | 270 |
12 | 16.7 | 300 |
Una riduzione dell’1% dei livelli di HbA1c riduce del 21% il rischio di complicanze complessive e del 21% la mortalità dovuta alle complicanze del diabete.