Oggi faccio una riflessione che può apparire banale, ma la metto nero su bianco perché leggendo in giro l’approccio che hanno le persone con la medicina, con le cure ed i farmaci, viene naturale mettere in evidenza alcune cose utili per avere un approccio “laico” col diabete, ma anche con le altre malattie nel loro insieme. Il contatto che si tende ad avere quando si prende un farmaco è il seguente, per esempio: ho il colesterolo alto, il medico mi prescrive le statine, ergo posso darmi sotto con salumi e pecorino tanto ho l’antidoto; ho la glicemia alta, mi piglio la pasticca, faccio l’insulina, metto a posto il diabete, e zac! mi faccio due scodelle o più, di gramigna con la salsiccia.

Questo approccio “magico-miracolistico” con il farmaco è legato all’avvento tardivo, negli anni, della/delle malattie, ad una mancanza di educazione e cultura, consapevolezza personale della salute; quante volte ho sentito discorsi del genere fatti nell’attesa di una visita medica, dialoghi tra persone anziane in primo luogo, ma non solo.

Allora perché mi curo? Per cercare di mantenere un livello di vita accettabile, per non peggiorare la situazione in anticipo, per guadagnare tempo. Certo le medicine sono migliorate, e questo è di aiuto alla nostra esistenza quotidiana. All’inizio del mio diabete c’era un solo tipo di insulina, oggi ve ne sono quasi 60  (per non parlare delle pastiglie); ed in questo momento, grazie ad una combinazione di novomix, aspart e lantus, con l’aggiunta dell’autocontrollo glicemico e dello stile di vita, riesco ad avere un livello decente di diabete; cosa un tempo non possibile se non con mille difficoltà.

Ogni tanto ricordare questi passaggi può essere d’aiuto, perché la vita non va sprecata ma vissuta: magari con un poco pù di umanità e coscienza. E comunque sia la vita è mia, è nostra e sta i noi viverla oppure buttarla via.