latteRiporto pari pari questo dispaccio di agenzia riguardante il diabete di tipo 1 che, a mio giudizio, tra i tanti annunci circolanti è degno di attenzione per gli sviluppi futuri nella ricerca se non della cura, almeno della prevenzione di questa malattia.

(AGI) – Roma, 19 gen. – All’origine della gran parte dei casi di diabete-1 ci sarebbe il Map (Mycobacterium avium paratuberculosis), un batterio ‘parente’ dei micobatteri della lebbra e della Tbc, cui gia’ si attribuisce la responsabilita’ dei casi di malattia di Crohn e di sindrome dell’intestino irritabile. A sostenerlo – come riporta il nuovo numero del mensile Focus, diretto da Sandro Boeri – una ricerca condotta da un gruppo di microbiologi sardi dell’Universita’ di Sassari, secondo cui nel 70% dei casi di diabete sardi e inglesi e nel 40% di quelli lombardi e’ coinvolto il Map. “Sta emergendo – spiega a Focus il prof. Leonardo Sechi, docente di microbiologia dell’Universita’ di Sassari – che a seconda della predisposizione genetica dei pazienti, una persona incontrando il Map sviluppa il diabete, un’altra l’intestino irritabile e un’altra ancora il Crohn. Nei diabetici in cui non c’e’ il Map i responsabili sono probabilmente altri patogeni intestinali”. Questo particolare tipo di batterio, che vive all’interno delle cellule che infetta e ha una lunghissima incubazione, viene trasmesso ai bambini con il latte: lo si puo’ trovare nel latte in polvere per neonati, nel latte materno (se la madre e’ infetta) e nei latticini provenienti da animali infetti, ed e’ persino in grado di resistere alla pastorizzazione. La ricerca dell’Universita’ di Sassari, attribuendo la stessa origine al Crohn e al diabete, apre dunque alla speranza che anche per sconfiggere il diabete possa essere sufficiente un antibiotico. Come ricorda Focus, in tutto il mondo l’incidenza del diabete-1 aumenta del 3anno, e in Sardegna raggiunge un’incidenza elevatissima: circa 40 casi su 100 mila bimbi.

2 pensiero su “Questione di latte?”
  1. E’ attualmente disponibile una analisi mirata alla scoperta del batterio nella malattia di Chron con eventuale relativa terapia?Sono affetta da questo morbo da circa 35 anni (ho 50 anni)

  2. Sembra di sì, almeno così riferisce la stampa, e ti riporto il trafiletto apparso sull’inserto Repubblica- Salute di giovedì 5 febbraio 2009:
    POTREBBE essere un batterio a scatenare il diabete di tipo 1, insulinodipendente, tipico dell’età giovanile. L’imputato è il Map, Mycobacterium avium paratuberculosis, “parente” dei batteri che causano la lebbra e la Tbc e che spesso infetta i bovini entrando così nella nostra catena alimentare. È quanto emerge da una ricerca condotta da Leonardo Sechi, docente di microbiologia dell’Università di Sassari, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Plos One. Secondo i dati raccolti dalla ricerca, in Sardegna il 70% dei casi di diabete I è correlato al Map. “Diversi studi”, ricorda Sechi, “hanno già dimostrato che nei soggetti geneticamente predisposti il Map è in molti casi responsabile del morbo di Crohn e della sindrome dell’intestino irritabile. Oggi sappiamo che in queste persone il Map può indurre anche lo sviluppo del diabete di tipo I”. Non solo: secondo i ricercatori di Sassari nei diabetici in cui è assente il Map tra le cause ci potrebbero essere altri microrganismi patogeni.
    Dai primi dati elaborati, è emerso che il 70% dei sardi con diabete di tipo I ha il batterio e che le loro alterazioni genetiche sono comuni a quelle dei soggetti affetti dal morbo di Crohn. Una percentuale comparabile è stata, inoltre, riscontrata anche in Inghilterra dal St. Georges Hospital Medical School University, partner nello studio. “Il diabete”, continua Sechi, “ha un’origine per il 50% genetica e per il 50% ambientale. Nella nostra regione, vista la l’elevata presenza di animali da allevamento infetti, il maggior responsabile è il Map”.
    Il batterio ha una lunghissima incubazione e, se presente in alte concentrazioni nel latte, è in grado di resistere alla pastorizzazione e può quindi essere trasmesso all’uomo attraverso i formaggi freschi e talvolta addirittura il latte. “Anche se i campioni di latte pastorizzato sardi studiati non presentavano tracce di Map vivo”, sottolinea Sechi, “la prevenzione deve essere massima in tutte quelle regioni in cui si verifica una epidemia del batterio”. Tenere sotto controllo il Map nell’allevamento, concludono gli esperti, potrebbe infatti aiutare a ridurre l’incidenza del diabete I nel futuro.

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