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Tutto sotto controllo dice la torre di controllo, e lo affermo pure io almeno da qualche mese in qua, ovvero con il microinfusore e sensore ad esso interfacciato. Alcune volte possono intervenire degli incidenti di percorso come una ipoglicemia magari dovuta a qualche interferenza ormonale, ma il percorso fin qui registrato e sostanzialmente lineare. La mia lunga vita fin qui trascorsa con il diabete mi deve far mettere in luce alcuni fatti che sono basilari per far capire le ondulazioni evolutive di una curva esistenziale passata con questa che non mi vergogno a chiamare malattia. LA fase più critica del percorso di crescita con il diabete di tipo è nell’adolescenza, per me tra i 15 e 25 anni, un periodo di tempo dove si perde fiducia nelle regole e la condizione diabetica che vive nel quotidiano di queste ne va a fare le spese. Un esempio di questo rifiuto lo ebbi proprio con il microinfusore dell’epoca, il primo modello nella storia: non accettavo i continui controlli ed i ricorrenti svarioni ipoglicemici, iperglicemici; oltre al fatto che facevo fatica a tenere attaccato il set d’infusione primitivo un po’ a causa della peluria corporea incipiente, un po’ per via dei cerotti poco adesivi allora esistenti. La vita con il diabete richiede oltre all’accettazione della condizione pazienza, molta pazienza, cosa che nella fase adolescenziale è spesso precaria o comunque poco marcata; ecco perché in questi frangenti oltre all’informazione e educazione diventa determinante il ruolo dei genitori e familiari nel sostenere il diabetico a superare indenne, o con i minori danni possibili, la fase appena indicata. Il diabete va affrontato nell’adolescenza con un gioco di squadra, per questo oltre alla famiglia è necessario un supporto anche esterno che definire psicologico è semplicistico e banale: io preferirei chiamarlo amicale in quanto più vero e corrispondente alla necessità vera di vita,