Una questione sempre aperta riguarda il tema dell’assistenza integrata nel diabete, e in particolare a quella rivolta verso i giovani diabetici che vanno a scuola e alle loro famiglie come parte basilare del processo evolutivo. La lettura recente di dati pubblicati dalla mia amica Mariangela sul gruppo di Facebook generato da questo blog
Nel Regno Unito, quasi la metà (46 percento) degli alunni con diabete di tipo 1 che frequentano la scuola primaria, e un terzo (29 percento) di quelli che frequentano la scuola secondaria, riferiscono che i loro genitori hanno dovuto ridurre l’orario di lavoro o abbandonare il loro impiego per aiutarli a scuola …nelle incombenze quotidiane del diabete. Lo afferma un nuovo rapporto pubblicato oggi dall’associazione inglese Diabetes UK.

I dati e informazioni sopra esposte non sono nuovi e diversi da quanto succede nella nostra penisola, anzi direi che la mia esperienza personale come i dati collettivi confermano come l’arte dell’arrangiarsi sì un dato di fatto: mia madre ad esempio per starmi dietro quando ero bimbo con il diabete non lavorava, ma tante altre sono dovuti scendere a compromessi con il lavoro per riuscire a fare l’iniezione o il controllo della glicemia ai propri figli. La cosa che si può dire: ma perché non insegnare ai bimbi fin da piccoli ad arrangiarsi? Vero ma questo passaggio non è per niente scontato e nel caso di non autosufficienza gestionale con il diabete l’unico appiglio possibile è e resta la famiglia, non altro, poiché la scuola a livello di apparati resta vincolata a codici e contratti che non consentono di fare da supporto in tal senso e il volontariato di servizio in questo ambito non mi pare esista.

La conclusione, per quanto mi riguarda, è che a più di quarant’anni di vita con il diabete chi va a scuola oggi con questa patologia trova le medesime situazioni da me vissute all’epoca (sic!).