Il tempo passa con il diabete e tanti anni trascorsi con questa patologia possono avere effetti collaterali sullo stato di salute complessivo e la condizione piscofisica: tra questi elementi ci sono, ad esempio, diverse forme di neuropatia, e a lungo andare una sempre più insidiosa, latente, crescente insensibilità al dolore fisico, maggiore resistenza al medesimo. La percezione del male rispetto ad una persona “normale” e più ridotta: l’esempio classico riguarda la sensibilità alle punture nei polpastrelli, necessarie per il controllo domestico della glicemia; ricordo quando ero bimbo che mi facevano male e ne avevo paura, come dei prelievi ematici, ed oggi affronto tutte queste azioni senza particolari problemi. Il fatto ancor più evidente riguarda l’impatto con certe procedure diagnostiche invasive tipo: clisma opaco, colonscopia e simili, la cui soglia di tolleranza personale è aumentata rispetto al passato, così come le fasi chirurgiche post operatorie.

Ora il dato della perdita di sensibilità al dolore non è una bella cosa per tanti buoni motivi: il primo e più importante riguarda l’importanza di avvertire il male come campanello d’allarme per la nostra salute; il fatto che questo non avviene deve metterci in allerta e quindi raffinare meglio l’attenzione, ovvero non sottovalutare e sminuire segnali provenienti dal corpo. La riflessione fatta fin qui si rivolge al diabetico di lunga data, con vent’anni e più di cronologia vissuta con la patologia, quindi chi è giovane può passare oltre come anche coloro che sono riusciti a tenere ben controllato e compensato il diabete e la glicemia.

Una visita specialistica neurologica per capire il livello di conduzione elettrica del nostro sistema nervoso può essere utile dopo aver maturato un certa anzianità di malattia e dietro preliminare consulto con il nostro medico diabetologo.