Verso la giornata mondiale del diabete, domenica prossima 14 novembre, una data planetaria che però ha due facce: la prima di noi popoli ricchi e benestanti che presidiamo piazze e centri commerciali per informare i cittadini su come prevenire la patologia, controllare la glicemia e mantenere un sano stile di vita, fatto di esercizio fisico e alimentazione equilibrata. Una società la nostra opulenta e sazia, a livello di panza, con cui la parola “diabete” vuol dire: eccesso alimentare e sedentarietà. E l’altro risvolto della medaglia va a ricadere nei paesi del mondo poveri e disorganizzati, dove scarseggiano cure e controlli, o mancano addirittura, dove regna l’ignoranza e si sa sol che si muore poi che  sia diabete o altro poco importa perché l’aspettativa di vita è ben sotto i 40/50 anni.

La giornata che vede concentrati tutti gli sforzi per aiutare a vivere con questa malattia e sostenere la ricerca, con l’obiettivo di arrivare alla  sua remissione, in altri paesi benestanti ha visto organizzazioni no profit mobilitarsi per la raccolta di aiuti in favore dei bambini diabetici di realtà povere e in guerra come, ad esempio, il Ruanda; privi dei più elementari mezzi per vivere con la malattia. (insulina).

La giornata del diabete serve a ricordarci per reagire non un giorno ma sempre, allora quando sbuffiamo perché prendiamo l’ipoglicemizzante orale (pastiglia) per il diabete tipo 2 e non possiamo mangiare come ci pare, rammentiamo che ci sono zone della terra dove si muore perché un essere umano non ha l’insulina per vivere né da cibarsi.