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Quando ero giovane gli anziani mi dicevano: stai attento con l’eccessivo entusiasmo perché, poi, rischi di bruciarti; ed io giovine idealista d’allora poi mi sono in effetti bruciato e le ceneri ancor oggi mi cospargono il capo. Allora è proprio vero che non c’è niente di nuovo sotto il sole, a parte il fatto che, per darci un’aria di falsa sapienza e intelligenza denominiamo le cose con l’idioma inglese; quindi il bruciarsi diventa oggi burnout: molto figo.

E del bruciarsi o sindrome del burnout che dir si voglia oggi desidero scrivere in quanto è un aspetto della vita con il diabete che può investire le famiglie dei piccoli e giovani diabetici. Il fenomeno dell’esaurimento nervoso da impotenza difronte alle difficoltà provocate dai sintomi e condizioni della malattia si presenta solitamente con il pensiero spontaneo del: che faccio? A cui segue solitamente: chi trovo? E il crescendo di frustrazione sorge e cresce ancor di più quando la domanda resta senza risposta. L’esaurimento strutturale della famiglia diventa sempre più marcato quando mancano informazione e conoscenza adeguata sulla gestione della malattia, comprensione del problema e scarsa o assente condivisione nella coppia sui problemi, solo per citare alcuni casi.

Davanti alle difficoltà non ci sono sono soluzioni facili ma si possono costruire reti di collegamento tali da non lasciare sole le famiglie nella difficoltà. Come? Il primo passo fondamentale è dato da un numero, un telefono a cui rivolgersi in caso di bisogno, quando si presenta il che faccio? Faccio bene? Ecco in questi frangenti riuscire a dare una risposta vale più di tante altre medicine o terapie perché ci si sente meno soli.

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