I nostri tempi hanno un senso quando vediamo raggiunti determinati obiettivi e riusciamo a realizzare i nostri progetti. Un disegno ben riuscito è tale quando la forma è piacevole e ci si riesce a trasferire dentro con il pensiero e l’immaginazione. La metafora del progetto sta alla base dello scorrere temporale nei sette giorni lasciati alle spalle. Momenti di quotidianità sostenuti dalla magica conchiglia rappresentata col sensore glicemico, che mi ha aiutato a mantenere la barra del timone a dritta, così da portare a risultato una media di 154 mg/dl. Invece questa settimana l’Holter osserva una stacco poi nella domenica di pasqua lo rimetterò, perché, come ho già scritto in altri post, la fornitura concessa dal servizio sanitario regionale vede un impiego dello strumento a targhe, pardon settimane alterne.
Non vi è dubbio come grazie all’impiego del sistema integrato in oggetto la vita diabetica ha preso una diversa piega, e riesco a far nei piccoli gesti, atti di ogni giorno. La cosa negativa c’è: a lungo andare noto una sorta di dipendenza dall’Holter; si perché quando non ce l’ho impiantato ne mi manca osservare il grafico semplice, essenziale della curva glicemica e del suo costante divenire, anche se a volte fa il birichino coi suoi valori approssimativi rispetto al glucometro tradizionale.
Da un anno a questa parte riesco a far durare il sensore sei giorni, non so se altri diabetici hanno portato a casa un maggior tempo d’impiego. A me nei primi tempi dopo cinque giorni esauriva di già la sua funzione operativa, poi il diabetologo mi spiegò che il “segreto” risiedeva nel non compiere eccessive peripezie glicemiche verso l’alto o il basso.
Il tempo a volte insegna e così mi appresto a vivere la seconda pasqua con il microinfusore e sensore integrato, scoprendo che non solo si sta meglio, sia a livello fisico che morale, ma ci si sente meno soli con l’amico bionico.
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