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capocciaAmo ripeterlo periodicamente su queste pagine e anche oggi lo faccio: il primo comandamento del blog è affrontare tutti i lati del diabete tipo 1, negativi e positivi che siano e partendo dal vissuto reale ovvero dall’infanzia per arrivare al presente con la malattia. Senza peli sulla lingua. Non tutti hanno avuto la stesso impatto fisico e critico con la malattia: coloro con conseguenze gravi per fortuna sono una minoranza. Io appartengo a questa piccola nicchia.

Vivere con il diabete di tipo 1 non è facile – lo sanno le famiglie con bimbi piccoli e adolescenti, fase della vita ove la cosiddetta accettazione non c’è e la malattia viene rifiutata a volte con un manifesto autolesionismo. Buona gestione del diabete richiede molto tempo e fatica, pazienza, soprattutto all’inizio.

L’emotività di un bimbo o ragazzo è molto colpita da una malattia che assomiglia a una saponetta bagnata: si cerca di prenderla (la glicemia) ma questa scappa sempre via, va per i fatti suoi e dopo un poco uno finisce per rompersi le balle. Oltre alla precedente rottura si assommano quelle di tipo sanitario: le attese per un esame, una visita per un bimbo o ragazzo sono devastanti sia in termini di risultato che di tempi (lunghi). Accade allora che uno perde la pazienza e rifiuta di farsi di rivedere oppure racconta delle balle per tornarci il meno possibile.

Il diabete può colpire sia direttamente che indirettamente, le emozioni del fanciullo. Una glicemia scompensata e mal controllato può influire direttamente sulle sue emozioni provocando cambiamenti di comportamento, come irritabilità.

Se da bimbi la depressione si focalizza sul sentirsi diversi rispetto ai propri coetanei, tale processo diventa una minaccia molto pericolosa nell’adolescenza. I diabetici in età giovanile, comunque sotto i trent’anni hanno un rischio aumentato di depressione e ansia, che può essere il motivo per cui alcuni diabetologi (pochi) includono regolarmente un assistente sociale o psicologo come parte del loro team di cura del diabete.

La depressione o fragilità motivazionale nell’adolescente diabetico si manifesta appunto in varie forme di autolesionismo: dormire per molto tempo saltando le iniezioni, non fare controlli sia a casa che in ambulatorio, dosi casuali d’insulina. Chiusura verso gli altri nella socializzazione dei problemi e vissuto con la malattia, in particolar modo coi familiari, fidanzati e amici. Oggi si parla spesso di “diabulimia”, fenomeno sempre esistito: ovvero rinunciare a fare l’insulina oppure farne di meno per perdere peso (in particolare tra le ragazze) con effetti ovviamente pesanti, anche letali, sulla salute. Segnali importanti di presenza di difficolta sono dati da uno stato d’animo triste o pessimista, oppure cambiamenti nel rendimento scolastico, nei rapporti con gli amici e nel qualità del sonno, fanno di indicatori che vanno assolutamente riportati al pediatra e affrontati di concerto con tutta la filiera socio-sanitaria senza se e ma, prima che gli effetti diventino duri da recuperare se non addirittura irrecuperabili.