Detto tra noi: di pensieri e parole ne scorrono tanti nei rivoli cerebrali e pulsazioni mentali accartocciate sul divenire di elementi e conversioni altrimenti mute di connotazioni espressive e dinamiche convulsive a volte incomprensibili nell’ascolto e al tatto. Allo stress compressivo sappiamo dare accentuazioni diverse dalla realtà. Un diabetico se non lo sa finirà per impararlo e le dinamiche relazionali sono sempre le più trascurate poiché non possono essere liquidate con una ricetta, una prescrizione, una icona all’interno di un messaggio e altri graffiti simili.
Sappiamo bene che una malattia cronica e ancor più di lunga durata impatta nel fisico e nella mente, ma di questo ultimo aspetto nessuno o quasi fa niente e faccio un esempio concreto sia su di me che mio padre. A entrambi da diversi specialisti: un neurologo nel primo caso e uno psichiatra nel secondo, è stato prescritto un farmaco antidepressivo appartenente alla famiglia dei triciclici, una soluzione molto in voga di questi tempi in specie nella popolazione anziana. L’approccio coi farmaci è molto semplice: te lo do, lo prendi – stop. Verifiche intermedie sulla terapia manco si sanno ne conoscono.
La vita con il diabete mi ha insegnato una cosa: fare la terapia è importante ma non è mai un totem su cui infondere riti evocativi e danze propiziatorie. La variabilità dei valori glicemici con il conseguente mutevole dosaggio d’insulina lo stanno a dimostrare. E gli ansiolitici o similari con uso continuativo per molto tempo possono dare un effetto paradosso, ma di questo nessuno o quasi ne fa parola.
Sono tante le cose che non sappiamo, le informazioni che non abbiamo e saperle, averle tutte è praticamente e materialmente impossibile, ma alcune sono basilari e necessarie per la vita con il diabete e non sempre vengono dette nelle centinaia e migliaia di visite mediche fatte.
Parlo degli scherzi e scherzetti della glicemia.
Alcuni sono prevedibili e prevenibili altri no. D’altronde non saremmo diabetici. Spesso la parola comune, il comandamento, mantra e litania ripetuta sempre ogni volta al diabetico è: tieni controllata la glicemia, annota i valori e fai ogni tre mesi almeno la HbA1c. Certo è così, ma non solo e non ci basta.
Dalla HbA1c si evince la media dei livelli del glucosio nel sangue in un arco di tempo di due, tre mesi e la loro tenuta entro certi parametri consente di allontanare o addirittura evitare la comparsa delle temute complicanze frutto di una glicemia scompensata per molto tempo (anni) a occhi, reni e cardiovascolari.
Ma una glicata giusta non aggiusta tutto come si ritiene e vorrebbe: gli scherzetti del glucosio tra una prelievo della glicemia e l’altro, una Hba1c e l’altra, lì può dare con gli improvvisi e spesso non riscontrabili picchi glicemici verso l’iper o ipoglicemia. Senz’altro un aiuto oggi l’ho dà la tecnologia con i sensori glicemici continui (quando vanno), ma la tecnica non è ancora alla portata di tutti e accettata, voluta dal diabetico diffuso.
Pertanto ricordiamoci di prestare attenzione agli improvvisi ed estremi picchi glicemici e annotiamone il fenomeno da rappresentare al medico per cercare di ottimizzare la terapia insulinica e il controllo della glicemia.