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Le parole d’ordine della prevenzione 3.0 sono Personalizzazione, Prescrizione, Semplificazione
Dieta, attività fisica e un oculato impiego dei farmaci sono gli strumenti da modulare in base alle diverse fasce d’età per una prevenzione primaria di successo
L’argomento ‘prevenzione primaria personalizzata’ è al centro del congresso nazionale della SIPREC a Napoli dal 15 al 17 settembre

Napoli, 15 settembre 2022. Non solo la diagnosi e i trattamenti, ma anche la prevenzione deve essere sempre più di precisione e personalizzata. A cominciare dalla sua declinazione per fasce d’età. Le malattie cardiovascolari continuano ad occupare saldamente il primo posto delle classifiche di mortalità, in tutti i Paesi industrializzati. E se sul versante delle cure sono stati fatti enormi progressi, la prevenzione stenta ancora ad affermarsi in tutta la sua potenzialità. E non sempre per ‘colpa’ dei cittadini. “La prevenzione – afferma il professor Massimo Volpe, presidente della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC) va prescritta in maniera personalizzata in tutti i suoi capitoli e per tutte le sue armi, non solo quelle farmacologiche ma anche e soprattutto quelle riguardanti gli stili di vita, in primis dieta e attività fisica. Per questo, una prescrizione realmente personalizzata può essere confezionata solo da un team di specialisti (dietologo, medico dello sport, diabetologo, psicologo, ecc) coordinato dal cardiologo. E noi siamo dei pionieri di questo approccio. Più di vent’anni fa – prosegue il presidente Volpe – abbiamo infatti avuto l’intuizione di fondare la Siprec, una società di prevenzione cardiovascolare con un approccio multidisciplinare, per affrontare i vari fattori che contribuiscono a queste malattie, dall’ipertensione, al diabete, al fumo di sigaretta, alle dislipidemie. Anche a livello europeo c’è un network di associazioni che si occupano di prevenzione cardiovascolare.

L’ipotesi del team multidisciplinare per una prescrizione veramente personalizzata delle misure di prevenzione potrebbe oggi essere messa in atto,ad esempio, nelle ‘Case della Salute’ e arricchita da un controllo a distanza attraverso strumenti telematici, per essere sempre più vicini alle persone che, soprattutto nel caso della prevenzione primaria, hanno bisogno di rinforzi positivi periodici per acquisire e mantenere a lungo le buone abitudini per una vita sana. E se è vero che la prevenzione va messa in atto sin da giovanissimi, la mezz’età (40-60 anni) rappresenta l’età d’oro della prevenzione cardiovascolare primaria.

L’argomento ‘prevenzione personalizzata’ sarà al centro del congresso nazionale della SIPREC in programma a Napoli dal 15 al 17 settembre ed è stato oggetto anche di una revisione delle linee guida sulla prevenzione cardiovascolare, pubblicata dalla Siprec quest’anno. Oltre a recepire ‘sulla carta’ tutte le ultime evidenze dalla letteratura scientifica, in merito ai nuovi target terapeutici per i fattori di rischio tradizionali (ipertensione, dislipidemia, diabete) e alle nuove possibilità terapeutiche, è necessario però fare un passo avanti e calare concretamente tutte queste raccomandazioni nella vita di tutti i giorni. Ecco dunque i consigli ‘personalizzati’ degli esperti della SIPREC e declinati per le diverse fasce d’età (giovani 20-45 anni, mezza età 45-65 anni, over 65).

Ipertensione

“Le ultime linee guida internazionali – ricorda il professor Volpe – fanno una distinzione netta dei target pressori per la fascia d’età tra i 18 e i 65 anni (tutta l’età adulta), per gli ultra65enni e per gli ultra75enni; ciò significa che anche l’intensità di cura va modulata diversamente a seconda dell’età. Così, se tra i 18 e i 65 anni il nostro obiettivo terapeutico è di raggiungere valori di 130/80 mmHg, tra i 65 e i 75 anni l’obiettivo è di arrivare sotto i 140/90 mmHg (con l’ipotesi di scendere a 130/80 mmHg, se la terapia è ben tollerata). Sopra i 75 anni infine, l’obiettivo di 140/90 va gestito con la massima cautela per quanto riguarda l’intensità delle cure. In un’ottica di semplificazione, va inoltre valorizzato l’uso di terapie di combinazione fissa (ACE inibitori o sartani insieme a calcio-antagonisti e o ad un diuretico di tipo tiazidico), cioè della poli-pillola”.

Dislipidemia

“Le statine – sottolinea il professore rappresentano da anni il più importante presidio di prevenzione cardiovascolare primaria nei soggetti con dislipidemia e, in prevenzione secondaria, anche a prescindere dalla presenza di una dislipidemia, cioè di elevati livelli di colesterolo e/o trigliceridi. Il rapporto efficacia/sicurezzadi questi farmaci è nettamente favorevole; una recente metanalisi del gruppo di Oxford ha infatti dimostrato che molti degli effetti collaterali attribuiti alle statine, in particolare i disturbi muscolari, non sono imputabili a questi farmaci, che dunque non andrebbero sospesi, né dal paziente, né dal medico”.

Diabete

Negli ultimi anni l’armamentario terapeutico del diabete si è arricchito di farmaci (inibitori di SGLT2 e agonisti di GLP-1) che, oltre a controllare questa condizione, hanno un effetto importante sulla prevenzione di scompenso cardiaco ed eventi cardiovascolari. Si tratta però di cure costose che vanno riservate ai soggetti che hanno un rischio cardiovascolare maggiore.

Aspirina

“In prevenzione primaria – ricorda il professor Volpe – l’aspirina non è per tutti. Le linee guida nord-americane per la prevenzione cardiovascolare suggeriscono un uso della terapia anti-piastrinica differenziato per fasce d’età. Questo perché il beneficio maggiore (anti-trombotico) e il rischio minore (emorragico) dell’aspirina in prevenzione primaria si ha nei soggetti tra i 50 e i 60 anni, con una possibilità di estenderla ai 40enni, in presenza di aterosclerosi periferica documentata. Sopra i 60 anni, l’uso dell’aspirina in prevenzione primaria, va valutato in base al profilo di rischio del singolo paziente e al suo rischio emorragico”.E prima ancora dei farmaci, i veri ‘pilastri’ della prevenzione primaria sono la dieta e l’esercizio fisico.

Dieta per una prevenzione a 360 gradi

“A qualsiasi età – spiega il dottor Roberto Volpe, medico ricercatore dell’Unità Prevenzione e Protezione del CNR di Roma, Direttivo SIPREC – l’obiettivo principale è mantenere il giusto peso corporeo. Partendo sempre dagli alimenti tipici della Dieta Mediterranea, l’apporto calorico va dunque calibrato in base all’attività fisica svolta che, generalmente, decresce con l’età”.

20-40 anni. I soggetti fisicamente attivi in questa fascia d’età in genere non necessitano di particolari indicazioni, se non le donne in età fertile nelle quali, al fine di prevenire la carenza di ferro, va consigliato un ragionevole consumo di carne (parti magre e non processate), ma anche le fonti vegetali di questo minerale come i legumi e le verdure, con l’accortezza di accompagnarli a cibi contenenti vitamina C, come il limone, per migliorarne l’assorbimento.
40-60 anni. In questa fascia di età, il metabolismo comincia a rallentare, per cui può essere utile ridurre la quantità e la frequenza di consumo di quegli alimenti che, seppur validi dal punto di vista nutrizionale, potrebbero apportare un surplus di calorie. Ci riferiamo ai carboidrati (vanno preferiti in ogni caso, quelli integrali), i formaggi (scegliere quelli meno grassi, come la ricotta o la mozzarella di mucca), la frutta secca, l’olio che, anche se EVO(extra-vergine di oliva), apporta pur sempre circa 100 kcal per cucchiaio.
>60 anni. Oltre a ribadire e rafforzare i consigli riportati per la fascia di età 40-60 anni, a quest’età bisogna contrastare l’osteoporosi, favorendo l’apporto di calcio, che troviamo nei formaggi (da scegliere sempre quelli meno grassi), nel latte, negli yogurt e in alcune acque minerali, ma anche di vitamina D, presente oltre che nei latticini, anche nelle uova e nel pesce. Andando avanti con gli anni, va monitorato anche l’apporto proteico, per prevenire l’eccessiva perdita di massa muscolare (sarcopenia).

Esercizio fisico: non limitarsi a ‘consigliarlo’, ma prescriverlo come una medicina. I consigli dell’esperto

Le linee guida internazionali sulla prevenzione cardiovascolare sia primaria, che secondaria sottolineano molto l’importanza dell’attività fisica. “Purtroppo – commenta il dottor Alessando Biffi, componente del consiglio direttivo della Siprec, specialista in cardiologia e medicina dello sport e amministratore unico della società Medex, medical partner della scuderia Ferrari – siamo molto indietro nell’implementazione di queste linee guida perché in Italia manca la mentalità dell’attività fisica. Il prescrittore dovrebbe essere il medico specialista in medicina dello sport, anche se queste conoscenze, almeno quelle basilari, dovrebbero essere appannaggio anche del medico di famiglia e del cardiologo. Alcune Regioni, in particolare il Veneto e l’Emilia Romagna, hanno sviluppato il concetto di ‘palestre della salute’, anche convenzionate con le Regioni, ma nel resto del Paese c’è ancora molto da lavorare”.

I tre criteri basilari da tener presenti nella prescrizione dell’attività fisica sono intensità, frequenza settimanale e durata della sessione di allenamento. Su questi tre parametri va costruita la prescrizione dell’esercizio fisico. “Per quanto riguarda frequenza settimanale e durata – ricorda il dottor Biffi – le linee guida internazionali consigliano un monte ore settimanale di attività aerobica che è stato esteso da 150-300 minuti, fino a 150-600 minuti a settimana.

Oltre all’attività aerobica, molto importante è anche l’allenamento di resistenza, quello fatto con i pesi o le trazioni o anche a corpo libero con esercizi isometrici. Importante anche migliorare la flessibilità el’equilibrio, soprattutto nell’anziano. Nella prescrizione dell’attività fisica, insomma, è importante tener conto di tutti aspetti, che soprattutto nell’anziano sono fondamentali per l’autosufficienza e per contrastare la sarcopenia (l’impoverimento di tessuto muscolare), tipica di questa età”. L’intensità va modulata con attenzione in base alle diverse fasce d’età. “Esagerare significa aumentare i rischi, anche sul versante cardiovascolare. Soprattutto i sedentari, non possono lanciarsi tout court in un programma di allenamento strenuo. Anche l’eccessiva frequenza o una durata troppo prolungata possono portare, soprattutto negli obesi e nell’anziano, ad incorrere in incidenti osteoarticolari e muscolari, che poi portano ad uno stop forzato. Una visita medica e un ECG prima di iniziare un’attività fisica sono sempre una buona idea e li consiglierei a tutti, a prescindere dall’età”.

20-40 anni: possiamo essere più liberali possibili nella prescrizione, assecondando i gusti e le preferenze personali, valorizzando l’aspetto ludico. Bene dunque il ciclismo, la camminata a passo veloce (almeno 4 Km l’ora), il jogging e la corsa, il canottaggio che unisce l’allenamento aerobico con quello di resistenza, facendo lavorare sia le braccia che le gambe.
40-60 anni: dobbiamo cominciare a ragionare sull’intensità e scendere di livello. Le raccomandazioni sono di non superare l’85% della frequenza cardiaca massima teorica (si misura sottraendo a 220 la propria età e calcolando l’85% del numero ottenuto. Ad esempio per un cinquantenne, 220-50 = 70, l’85% di 70 = 140-150 che è la frequenza cardiaca al minuto da non superare). Per questo può essere d’ausilio indossare uno smartwatch o una fascia toracica per il calcolo della frequenza cardiaca. Per quanto riguarda invece l’esercizio di resistenza, prescriviamo esercizi con i pesi, aumentando via via il peso (ad esempio da 5 a 10 chili) e riducendo via via le ripetute (ad esempio 5 a 2).
Over 60: ottima la camminata a passo veloce, il nuoto, la cyclette, a bassa intensità.

Prevenire significa anche e soprattutto misurare i fattori di rischio e conoscere i propri ‘numeri. Ecco quali esami fare nelle diverse fasce d’età

Tra i 20 e i 40 anni, anche se non si hanno disturbi e non c’è familiarità per malattie cardiovascolari, è bene fare esami di primo livello e misurare fattori di rischio come la pressione, il colesterolo, la glicemia; può essere utile fare un ECG ogni 5 anni.

Tra i 40 e i 60 anni, lo screening dei fattori di rischio cardiovascolare è bene farlo ogni anno, associando poi esami di secondo livello, in rapporto al profilo di rischio del paziente (ad esempio un ECG da sforzo, un eco-cardiogramma). Nei pazienti con più fattori di rischio, laddove ci sia il sospetto di un danno d’organo, si deve ricorrere ad esami più approfonditi (es. TAC coronarica). Ma tutto va gestito con giudizio e senza sprechi, partendo appunto dal profilo di rischio del paziente. No insomma ad esami di secondo livello solo per ‘vedere come stanno le cose’.

Donne: l’inizio di una strategia di prevenzione cardiovascolare, a prescindere dalle regole di uno stile di vita virtuoso che vanno seguite per tutta la vita, prevede un check-up cardiologico approfondito e l’eventuale uso di farmaci per la prevenzione, tra i 45 e i 55 anni.