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Oggi vado sul venale in questa fase di crisi economica e recessione; esplorando la rete mi sono imbattuto nel post di una diabetica USA che faceva la lista dei costi che deve affrontare per continuare a vivere con la malattia, al mese: 50$ per l’insulina; 100$ per gli accessori complementari (strisce glucometro, aghi, ecc.); 150$ per visita medica diabetologo ed altri accertamenti (ecografie e simili); ed infine 1000$ al giorno di ricovero in ospedale. Noi italiani siamo sempre stati un popolo di esterofili, abbiamo sempre affermato: l’erba del vicino è più verde della nostra; ma ogni tanto una visita oculistica farebbe bene per capire se tutto è a posto con la vista. A parte le facili battute, quanto riporto ci deve aiutare a riflettere non solo su quello che abbiamo e che dobbiamo migliorare, diabete o no, ma di una un a fatto: il diritto alla salute pubblica va conservato e garantito. La considerazione può sembrare ovvia ma non lo è perché ogni giorno che passa qualche tassello di questo diritto alla salute viene perso per strada; e per fare un esempio la cura del piede diabetico non è ricompresa tra i LEA (livelli essenziali di assistenza) e quindi gli oneri sono acrico dell’assistito (come si dice in gergo burocratico), ma la lista si va allungando sempre più e l’interazione con l’assicurazione sanitaria privata, per chi se la può permettere, diventa una necessità per abbattere le spese. Il ragionamento interessa in particolare i ceti medi e le categorie più deboli della società, ma in questo campo il senso di responsabilità dovrebbe essere trasversale.