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Il diabetico nel corso della sua vita deve sapersi difendere da tre cose: 1) se stesso; 2) ciarlatani e imbonitori; 3) da medici “approssimativi”.

Il primo ostacolo del diabete è rappresentato dal diabetico stesso, semplice: un po’ perché ognuno vuole agire di testa sua a fronte di una patologia complessa che richiede un’autogestione consapevole e articolata, e poi c’è sempre la caduta in perenne tentazione alimentare (che si concretizza assieme a tutto il resto). Sui racconta balle c’è poco da dire ma molto da stare attenti. E sull’ultimo punto: i medici approssimativi, la questione è molto delicata ed in questo caso esterno la mia esperienza vissuta in due momenti della vita. Il medico alla Balanzone (maschera di carnevale bolognese che rappresenta un dottore con la sentenza della diagnosi un tanto al chilo) l’ho incontrato almeno un paio di volte in questi 45 anni.

La prima, avevo circa 9 anni di età, con valori della glicemia a risveglio che non scendevano mai al di sotto di 300/350 mg/dl; e di fronte al quesito materno su cosa fare per cercare di abbassare il tasso di zucchero nel sangue il “professionista” ogni volta asseriva che la situazione era normale e tutto andava bene (sic!). La seconda volta è accaduto quattro anni fa durante un ricovero ospedale, l’allora medico (diabetologo) del reparto mi fece saltare una iniezione prima di cena pensando che andassi in ipoglicemia; e infatti si verificò una bella iperglicemia (530 mg/dl). Arrabbiato per quanto accaduto il sanitario affermò: “per me è meglio gestire una iperglicemia che una ipoglicemia”. Complimenti.

A buon intenditor poche parole.