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Una ricerca che potrebbe influenzare in maniera significativa il modo in cui il diabete di tipo 1 è trattato, la stanno portando avanti i ricercatori all’Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University di New York City (USA). Gli scienziati hanno sviluppato una tecnica di trapianto di cellule pancreatiche per la produzione di insulina che provoca solo una minima risposta immunitaria nei destinatari. Attualmente, la terapia di trapianto di cellule è limitata, perché i trapiantati sono costretti a prendere potenti farmaci immunosoppressori che hanno effetti collaterali tossici tali da far aumentare il rischio di infezione e rigetto delle stesse cellule impiantate. L’esperimento condotto nei topi, riportato nella versione on-line della rivista specialistica Gene Therapy, potrebbe spianare la strada per l’uso di routine dei trapianti di cellule come una terapia per il diabete di tipo 1 negli esseri umani. Il Diabete di tipo 1 è una malattia incurabile autoimmune in cui il sistema immunitario erroneamente distrugge dal corpo le proprie beta cellule pancreatiche. Le beta cellule producono l’insulina, che smaltisce lo zucchero, o glucosio, per l’utilizzo da parte del organismo. Senza queste cellule, troppo glucosio si accumula nel sangue. L’alto livello di glucosio nel sangue danneggia le cellule e può portare a complicanze come: le malattie cardiache, renali, cecità e morte prematura. Le persone con il diabete di tipo 1 devono seguire da vicino i loro livelli di glucosio nel sangue, fare le iniezioni quotidiane di insulina per tutta la vita. Una promettente alternativa alle iniezioni d’insulina è il trapianto cellulare, in cui le cellule beta sono raccolte da cadaveri e iniettate nel sangue dei pazienti con diabete; le nuove celle vanno a sostituire cellule beta pancreatiche non funzionanti. Sebbene tali trapianti sono in grado di controllare il diabete di tipo 1, i beneficiari devono prendere farmaci immunosoppressori, al fine di prevenire il rigetto di tali cellule beta impiantate. “In ultima analisi, anche con terapia immunosoppressiva, la maggior parte di queste persone finiscono per respingere le cellule trapiantate”, afferma il ricercatore capo , Harris Goldstein, MD, professore di pediatria, di microbiologia e immunologia all’Einstein. In questo studio, il dottor Goldstein ed i suoi colleghi hanno ideato un modo per rendere le beta cellule impiantate come invisibili al sistema immunitario del topo diabetico, così facendo per proteggerlo dal rigetto. Hanno fatto in modo da sfruttare l’innata capacità degli adenovirus di sottrarsi dalla sorveglianza del sistema immunitario. Gli scienziati hanno trapiantato nei topi cellule produttrici di insulina alle quali sono stati aggiunti tre geni dell’adenovirus, in grado di eludere il rilevamento da parte del sistema immunitario che, altrimenti, le distruggerebbe. Le cellule trapiantate hanno ripristinato il normale livello del glucosio nel sangue dei topi diabetici, ma nel giro di pochi giorni quelle stesse cellule sono state distrutte dal loro organismo. Il livello normale si è mantenuto per un tempo massimo di tre mesi. Risulta chiaro come c’è ancora della strada da fare per giungere ad un obbiettivo stabile e accessibile per l’uomo: al momento niente di nuovo sotto il sole.