Piatto ricco

Riporto integralmente questo dispaccio d’agenzia:

(ANSA) – ROMA, 26 MAR – Quasi il 60% delle mense scolastiche non e’ ancora attrezzato per garantire adeguata alimentazione ai giovani con diabete e l’85% non e’ in grado di effettuare il controllo glicemico e la somministrazione dell’insulina. E’ quanto emerge da un’indagine realizzata dalla Federazione Diabete Giovanile a 20 anni dall’entrata in vigore della legge 151/87 che stabilisce l’obbligo per le scuole italiane di garantire, attraverso la collaborazione delle istituzioni e delle strutture specialistiche, adeguato sostegno ai giovani diabetici . ”Riceviamo quotidianamente lettere di protesta di mamme costrette addirittura a rinunciare al proprio lavoro per garantire la necessaria assistenza al figlio diabetico all’interno della scuola” ha dichiarato Antonio Cabras, Presidente della Federazione. Il diabete di tipo 1 e’ la malattia cronica più diffusa in età evolutiva nel nostro Paese: si tratta di una patologia auto-immune, nei confronti della quale non esiste nessuna terapia preventiva. I bambini con diabete hanno però assoluta necessità di periodici controlli quotidiani e di un regime alimentare che ne garantisca le ideali condizioni di vita anche e soprattutto nell’ambiente scolastico. (ANSA).

Viene da dire: niente di nuovo sotto il sole italico. Data la mia vetusta età diabetica fa piacere constatare come da quando ero bimbo ad arrivare a questi giorni poco o nulla sia cambiato nella gestione alimentare del diabete di tipo 1 nelle mense scolastiche (e non solo in quelle). Si fa un gran parlare si alimentazione sana ed equilibrata nella vita di tutti i giorni, da parte delle autorità preposte alla vigilanza e cura della salute pubblica, poi le stesse non riescono a garantire un  quadro alimentare coerente con le condizioni di salute della popolazione scolastica. Per far fronte alle carenze e mancanze so già che saranno pronte le solite giustificazioni e controdeduzioni, ma intanto il problema per i giovani diabetici di oggi, come per quelli di ieri, rimane. Ma l’altro problema che resta irrisolto riguarda “l’organizzazione sociale  del diabete”: il paradosso è che per rappresentare la corporazione diabetica in tutte le sue sfaccettature ci sia non una organizzazione ma mille, e questo dato costituisce un elemento di forte indebolimento della categoria davanti alle autorità pubbliche. C’è da riflettere ed avrò occasione di riparlarne, anche perché l’argomento sembra inossidabile nel tempo. E prendo spunto da questo tema, proprio perché in queste situazioni è necessario che l’associazionismo diabetico debba far sentire la propria voce e forza; se non si fanno rispettare i diritti è inutile esistere come realtà associate.